Sandro a tutti gli effetti movimenta un po’ l’ambiente. Con lui a bordo, anche Pupo, la più grande rock star Italiana di tutti i tempi diviene tollerabile. Naturalmente il rovescio della medaglia è che in un attimo riesce a colorare di rosso fuoco qualsiasi discorso. Le sue estemporanee novelle di sesso si mischiano a storie di vita vissuta ed alle immancabili pillole di saggezza. Svaria a tutto campo da storie penetrazioni anali con particolari lubrificanti miracolosi, ai sentimenti profondi provati ora per una ora per l’altra ultima fiamma. Immancabili, le sue recensioni su ogni tipo di dildo disponibile sul mercato, assicura che il suo “Nero” è il meglio che la tecnologia possa avere messo a punto in fatto di falli meccanici. Inutile negarlo, lui è un vero e proprio Michelangelo del vibratore.
Tutto questo, fa parte del pacchetto: Sandro o lo prendi intero o lo lasci perdere. Non puoi scegliere di prenderne solo una parte. Lo abbiamo preso, lui s’insinua immediatamente come un raggio di sole a primavera, entra pianino e subito insinua sicuro come una mano sotto la gonna.
Il suo arrivo rivoluziona subito alcune abitudini: primo fra tutte quelle alimentari. Fanno la loro comparsa tra le vivande generi che non dovrebbero centrare nulla. M&Mens come se piovesse, salamino ungherese (affumicato e non semplice da affettare), arachidi tostate, biscotti stranissimi, bevande colorate e soprattutto le pesche noci entrano prepotentemente nella nostra dispensa. In un negozio riesce nella non facile operazione di comprarne ben trentasei. In pratica in un solo giorno ha comprato quello che l’intero paese di Lenti consuma in un paio di settimane. Immagino la sorpresa per il personale del supermercato al momento di fare il riordino della merce venduta.
Il vederlo ordinare il necessario per farci dei semplici toast scaccia ogni malinconia. Con la salumiera dietro il banco che conosce a malapena qualche parola d’inglese, inizia uno strano duetto: con l’indice della mano destra mostra il tipo di prosciutto da affettare e quando la donna lo mette sull’affettatrice le fa l’occhiolino. Lei chiede quanto deve affettare con un timido «How many.» E per tutta risposta il nostro eroe portandosi ripetutamente le mani semichiuse alla bocca le dice Gnam Gnam Gnam. Per farle comprendere che il prosciutto ed il formaggio per il quale si ripete più volte la scenetta del Gnam gnam serviranno per dei toast, Sandro mette in scena un’altra perla. Porta le due mani semichiuse come se stessero stringendo qualcosa davanti al petto, poi all’improvviso le fa saltare verso l’alto disegnando per entrambe una parabola uscente. In pratica stava simulando le fette di pan carrè espulse da un tostapane tipo americano. Questa ha dovuto spiegarla anche a noi.
Certamente, accordarsi per lo spessore delle fette è stato più semplice mimando con l’indice stretto vicino al pollice che desiderava fette piuttosto sottili. Nel vedere il tentativo di dialogo tra Sandro e la malcapitata salumiera, non si può fare a meno di pensare a Robinson Crusoe ed ai suoi primi tentativi di parlare con l’amico Venerdì. In ogni caso, non possiamo lamentarci perché alla fine della fiera i nostri toast siamo riusciti a mangiarli. Certo non erano granché, ma questo non dipende sicuramente dalla sua interpretazione.
Davvero, troppo divertente. Da lacrimare dal ridere. Per pagare il prosciutto ed il resto abbiamo usato Mastercard, ma lo spettacolo che ci ha saputo regalare è stato davvero impagabile.
Un’altra mitica scenetta si è svolta all’interno di un ristorante sul lago Balaton. È tardi e temiamo, che i locali possano chiudere, quando troviamo finalmente dove fermarci. Il locale è molto carino con parecchi tavolini all’aperto, ma spira una certa brezza e quindi preferiamo accomodarci all’interno. Una giovane cameriera ci accompagna ad un tavolo mentre in fondo al salone un uomo, probabilmente il cuoco sta mangiando un’invitante cotoletta con patatine. Appena ci sediamo lui, raccoglie il piatto e scompare dietro la porta della cucina. La cameriera molto carina arriva con il blocco per le ordinazioni, ma come succede spesso non parla né italiano né inglese. Ci lascia il menù con i piatti scritti solo in ungherese e forse in tedesco. Tra l’altro io non ho neppure preso gli occhiali da vista e sono in grave difficoltà nel cercare di leggere. Proviamo a spiegarle che vorremmo anche noi lo stesso piatto che stava mangiando il suo collega, ma non riusciamo ad entrare in sintonia con lei. Cerca di spiegarci qualcosa in tedesco, poi quasi spazientita, ci affida ad una sua collega. La seconda ragazza non parla inglese ma sembra decisamente più paziente. A questo punto rompendo gli induci entra in scena Sandro che, con il suo solito sorriso le fa capire che le spiegherà esattamente quello che vogliamo. Il nostro socio esce dal locale per entrare ballonzolante pochi secondi dopo. Indica dapprima i suoi occhi e poi il tavolo dove era seduto il cuoco. Poi sorridendo corre a sedersi allo stesso posto dove era seduto lui e finge di mangiare con il suo marchio di fabbrica Gnam Gnam Gnam.
Scoppia una risata generale che coinvolge oltre alle due cameriere anche il cuoco affacciatosi per capire che cosa stesse accadendo. Alla fine ordiniamo tre gnam gnam ed un piatto surprise per il nostro consumato attore. Una decina di minuti dopo abbiamo davanti a noi tre wiener schnitzel identiche a quelle che desideravamo ed un piatto strano, al quale comunque il buon Sandrone rende onore.
Non di solo Sandro però è fatto il nostro gruppo. Spesso basta un niente, una frase per fare scattare quel click che condiziona il modo di parlare e per intraprendere una nuova strada divertente. Cioè basta il giusto La per accordare quattro vecchi tromboni come noi e creare una sinfonia comune. Capisco che non è facile capire quello che sto per scrivere, quindi passo al sodo: arriviamo a Keszetely una località difficile da pronunciare ma decisamente carina. Siamo a pochi chilometri dal Balaton ed il tempo è discreto anche se purtroppo è quasi sera. Fa un po’ freddino, ma l’ambiente non è decisamente male. Qui c’è il centro pedonale con il pavé e con tutti i negozi che avrei sognato di trovare a Nemesnep. Appena superato il centro storico, incrociamo un sorcio (era un uomo ma aveva davvero l’aspetto di un brutto sorcio) che ci avvicina con la scusa di chiedere l’ora. Poi con un italiano un po’ stentato ci propone di seguirlo in un night dove conosce alcune ragazze. Il tizio ha un aspetto che giudicare inaffidabile è in eufemismo. Credo che sarebbe più sicuro sdraiarsi sopra un covo di vipere che dargli retta. Difatti, lo congediamo con gentilezza e proseguiamo. Senza volerlo ci spingiamo un po’ fuori dell’area pedonale per finire in una piazza con alcuni negozi dall’aspetto sporco e poco raccomandabile. Mentre siamo fermi, due ragazzotti attraversano l’ampia piazza e ci si avvicinano mettendo in allarme Sandro che comincia chiedere insistentemente di andare via. Daniele ed Io lo seguiamo, mentre Eros che è al telefono con la moglie rimane più indietro. A quel punto Sandro lo chiama e gli fa ampi gesti di venire via, ma niente lui è troppo impegnato a parlare con Bruna. Lo chiamiamo anche noi e lui quasi scocciato ci fa segno di aspettare. Quando finalmente si decide a venire verso di noi vedo i due giovani che fissano insistentemente il suo marsupio. Gli vado incontro di buon passo ed uno dei due alza la mano per segnalare qualcosa ad un altro paio di figuri fermi dall’altra parte della piazza. Per fortuna Rosino passa indenne davanti ai due e mi raggiunge così insieme possiamo riguadagnare la strada che ci separa dai nostri colleghi.
Riunito il gruppo cominciamo a commentare quello che per fortuna non è accaduto. In una di queste fasi il Cagno viene colpito da illuminazione.
«Pensate se ci avessero aggrediti, questa sera al Tg4 Emilio Fede avrebbe cominciato con: “Ci giunge ora una notizia ancora da verificare dall’Ungheria, sembrerebbe che quattro nostri connazionali dei quali al momento non conosciamo ancora l’identità, siano stati assaliti da alcuni malavitosi locali che…» era il click! Difficile esimersi dall’immedesimarsi in chi seduto davanti al televisore avesse avuto la possibilità di vedere la faccia contrita del direttore la faccia da rispolverare ogni qualvolta c'è necessità di commentare fatti di questo genere. Impossibile astenersi dal commentare, e dal cercare di aggiungere ogni volta altri particolari alla vicenda. Si arriva in breve a dare se non un nome ai quattro almeno una descrizione di massima, una professione. Prendono fisionomia così, in breve tempo il mafioso (Eros), il pizzaiolo (modestamente io), il puttaniere (nessun dubbio, Sandro) ed il culattone (Daniele) attori inconsapevoli dell’edizione speciale del Tg4.
Ridendo come stupidi attraversiamo ancora il centro pedonale e ci fermiamo davanti ad una cartina della città. Stiamo cercando di capire dove ci troviamo e che strada prendere per il lago, quando la voce sgradevole del sorcio ci arriva alle spalle.
«Per andare al lago basta andare di là! Se venite con me vi faccio conoscere Isabella, Margherita, Laura e…»
Questa volta lo allontaniamo in maniera più brusca, ma lui incurante dei nostri modi ci chiede qualche euro. Lo ignoriamo, anche perché è difficile pensare che non ci sia un nesso tra il suo primo incontro ed il tentativo d’aggressione messo in atto pochi minuti prima. Nel dubbio meglio averlo fuori dei piedi.
Quando arriviamo alla poderosa, troviamo un’altra sorpresa. Tra decine di macchine parcheggiate solo la nostra è stata presa d’assalto da orde di volatili maleducati che l’hanno scambiate per un gabinetto. La macchina, infatti, è stata bersagliata da qualche centinaio di uccelli di ogni tipo e dimensione dell’orifizio anale a giudicare dalle dimensioni di alcuni dei regalini che ci hanno lasciato. Oltre ai magiari che non hanno mai dimostrato particolare simpatia per gli italiani, sembrerebbe che anche gli animali siano sulla stessa lunghezza d’onda non perdendo l’occasione per farci sentire la loro avversione verso di noi. Di fronte a tale scempio, il Cagno si lascia andare a:
«Guarda che schifo! Speriamo che piova così mi lava la macchina.» Una profezia che come vedremo condizionerà le nostre ferie.
Ci avviciniamo finalmente al lago. È il tramonto e tutto sembra ancora più bello. Sandro con il suo telefonino multi tasking, sta filmando il momento storico: «Questo è Daniele, quest’altro è Nereo, quello là è Eros ed in fondo si può vedere il lago Badolat…»
«Balaton! Balaton, non Badolat!» Lo correggo.
«Ed io che ho detto?! Badolat no?» Replica lui senza scomporsi.
C’è un bel pontile lungo che porta ad un invitante locale tutto illuminato. Nulla da spartire con alcune città dei nostri laghi: Varenna, Bellagio, Menaggio o Stresa sono di un’altra categoria, però non nego che anche Keszetely non è proprio male. Ed anche questo Badolat… Balaton è all’altezza delle attese. Dal pontile si può vedere un bel tramonto ed il rosso di sera, è di buon auspicio. In lontananza poi si vede un ferry boat con tutte le luci accese e la musica. Una bella atmosfera romantica e retrò.

la casa alla fine del pontile
«Il lago Balaton è il più grande d’Europa.»
«Non è vero, il più grande è l’Aral!»
«Ma quello lì, è salato e non conta.»
«… allora dove lo mettiamo il mar Caspio?»
«Ma ci sei o ci fai? Se si chiama mare, non è un lago.»
«Si, ma solo perché nell’acqua c’è un po’ più di sale, altrimenti a tutti gli effetti sarebbe un lago.»
«Ah beh, se allora consideriamo anche quelli salati, il più grande è il mar Morto.»
«Ma quello lì è in Israele è in Asia.»
«Come in Asia? Ma se Israele gioca le qualificazioni all’europeo con la Germania…»
questi discorsi hanno accompagnato il nostro avvicinamento al lago. Sono partiti da una dichiarazione del Cagno, cui hanno fatto seguito tutti gli altri commenti. A turno ognuno si è sentito in diritto di dire la sua, il tutto con l’educazione e l’aplomb delle grandi occasioni. In pratica sul pontile c’è tanta gente che in silenzio sta passeggiando o semplicemente tornando alla macchina, solo noi quattro facciamo casino. Così, lì dove fino a qualche minuto prima si sarebbe potuto udire il boccheggio di una scardola salita in superficie a prendere una boccata d’aria, o l’emissione di aria intestinale di una folaga in volo, adesso si scatena una tempesta di decibel.
«Questo lago ha due precise caratteristiche che lo rendono unico…» Sorprendendo tutti, il Cagno esce con questa sua frase che ha il poter di zittirci tutti. Pendiamo dalle sue labbra nella attesa che ci spieghi le caratteristiche del Badolat.
«Primo, questo lago ha delle acque che sono normalmente più calde, rispetto all’ambiente che lo circonda. La temperatura è di circa trenta gradi. Secondo, la massima profondità del lago è di tre metri.»
Stupiti da cotanta sapienza c’inchiniamo davanti all’amico che con ogni evidenzia si è preparato prima di arrivare in Ungheria. Venendo meno alla sua indole, da sempre contraria a leggere testi scolastici, deve avere aperto almeno un atlante per essere così sicuro del fatto suo. Lo stupore iniziale però, come sempre, si trasforma presto in una nuova occasione per sparare amenità e cazzate su quanto appena appreso. Riprendiamo, infatti, a fare commenti ad alta voce ed a ridere come dei fessi. Non c’è nulla da fare: è proprio dentro di noi.
Siamo quasi alla fine del pontile. Mi avvicino al probabile punto d’approdo del ferry che è sempre più vicino, per guardare l’acqua del lago.
«Stai attento mica di cadere proprio lì, dove l’acqua è profonda tre metri.» Scherza Sandro ridendo come un matto. È l’occasione per il Cagno per riprendere il tormentone di qualche minuto prima:
«Ci arriva in redazione proprio ora una notizia. Un nostro connazionale del quale sfortunatamente non conosciamo il nome, è misteriosamente annegato nel lago Balaton. L’uomo, di professione pizzaiolo è disgraziatamente scivolato nel punto più profondo di tutto il lago…»
Ripartono le risate sonore e la solita selva di precisazioni, atte a rendere ancora più tragica e comica possibile la fine del povero pizzaiolo connazionale di Emilio Fede.
Così tra un “no, senti questa!” o un “ di lui è stato recuperato il solo “berretto da pizzaiolo” siamo finalmente arrivati in fondo a quel lunghissimo pontile. La gente normale, quella austriaca, ungherese, tedesca e tutti gli altri ci sfilano a fianco guardandoci storto. Per loro, abituati al grigiore dei loro silenzi ed a quelle facce appese, più adatte a partecipare ad un funerale che ad una festa, vedere quattro rimbambiti stagionati come noi, fare un casino infernale e soprattutto ridere spudoratamente senza il minimo ritegno, deve essere veramente come un calcio nel cuore.
Forse, anzi sicuramente non stiamo facendo una bella figura, ma per una volta un bel “chi se ne frega” glielo vogliamo mettere?
Ad un certo punto mentre si scherza ancora sulla mia sorte di annegato nel Balaton, una signora ci avvicina;
«Italiani?»
«Perché? Ci sono forse dei dubbi?» Verrebbe da ribattere. Invece annuiamo e ci fermiamo a parlare. Con lei ci sono anche il marito ed una ragazzina. Ci presentiamo: loro sono di bari, e sono alloggiati in un agriturismo poco lontano, sulle rive di un altro laghetto. Ci raccontano che il loro alloggio è molto bello e che il laghetto è termale ed ha l’acqua a trentatré gradi. In pratica, anche nella giornata fredda di ieri hanno potuto tranquillamente fare il bagno. Beh, noi ci siamo lo stesso consolati con le continue docce direttamente dal cielo, ma non è decisamente la stessa cosa.
Della serie ci vuole costanza e ci vuole coraggio ad invecchiare senza maturità, parliamo un po’ di noi. Solo un po’. Abbastanza da riuscire nella non difficile impresa di sputtanarci divertendosi. In meno di un quarto d’ora o tre estranei non sono più tali. Sanno tutto: dal fatto che le nostre mogli ci hanno lasciato andare stranamente in Ungheria, senza la minima opposizione. Sanno che siamo capitati nel bel mezzo del niente. Sono a conoscenza che né io né Sandro potremo cavalcare, perché il nostro peso è superiore al limite consentito e che per cucinarci un piatto di pasta abbiamo impiegato un’eternità per fare bollire l’acqua. Non abbiamo quasi più segreti.
I tre ridono come dei matti, contribuendo a fare un po’ di casino.
«Sono così tristi questi ungheresi…» Commenta la signora tra una battuta e l’altra.
Sicuramente nel loro girare per i paesi dell’Ungheria, mai avrebbero pensato di trovare un siparietto così divertente. Obiettivamente anche se il paese è gradevole, è tutta un’altra cosa poterselo godere facendosi qualche sana risata. Il marito poi, sembra apprezzare così tanto il clima goliardico ed un po’ bohemien che ci portiamo appresso, che sembrerebbe sul punto di mollare moglie e figlia nell’incantevole laghetto termale per unirsi a noi a fare casino. La ragazzina, davvero carina, se la ride sotto i baffi e sembra essersi tolta di dosso quell’aria apatica di quando si é fermata a parlare. Probabilmente si starà chiedendo se i quattro uomini sono davvero così… oppure se ci stanno mettendo del loro per apparire in quel modo. Nessuno di noi vuole deluderla, le lasceremo per sempre quel dubbio, anche se la risposta è ovviamente ovvia.
Riusciamo persino a raccontare della disavventura del nostro cuoco quando per sbaglio ha messo lo zucchero al posto del sale nell’acqua della pasta, varando così i celebri spaghetti dolci alla bottarga. Poi d’improvviso la genialata del nostro fuoriclasse:
«Vi dice niente il XXIV battaglione Baracca?»
Silenzio. Non c’è alcuna risposta e tutti ci guardiamo stupiti. Io guardo Sandro e mi sembra di essere allo specchio. No, non ci assomigliamo e poi lui è di sicuro più rosso. Volevo dire che sui nostri volti è comparsa contemporaneamente la stessa domanda: “Che cazzo sta dicendo questo qua?”
«No perché… avendo io fatto il CAR a Bari nella caserma Cadorna, mi piacerebbe sapere se il maresciallo maggiore Pasquale De Nicola è ancora lì.»
Scoppiamo a ridere. Sandro no–limits si lascia andare così tanto che assume una colorazione rosso Ferrari sulle gote che sembrano poter prendere fuoco da un momento all’altro.
Alla fine delle risate, ci salutiamo. Loro ci assicurano che il giorno seguente saranno a Budapest e sono sul punto di darci il loro indirizzo, in modo che caso mai ci si possa rincontrare.
Il ritorno alla base non è meno divertente. Siamo stanchi è vero, ma attenti perché la strada è buia (d’illuminazioni neppure a parlarne) e piuttosto contorta. Per un lungo pezzo poi, stanno facendo dei lavori sulla banchina ed il dislivello tra l’asfalto e il terreno può variare da 30 cm a quasi un metro, uscire dalla carreggiata con una ruota vorrebbe dire probabilmente ribaltarsi o in ogni caso giocarsi la poderosa. Nel buio più totale ci appare un cerbiatto. L’animale, volta il muso verso i fanali della macchina e per un attimo i suoi occhi divengono gialli come due lampadine. Poi, con un balzo salta tra gli alberi e sparisce nell’oscurità. Sandrone immediatamente prende l'inseparabile telefono e compone il numero di una sua amica:
«Incredibile! Sai che cosa abbiamo incontrato per strada?»
«No, cosa?»
«Un bambi!»
Segue un breve dialogo costellato di carinerie, sbaciucchiamenti che terminano con un dolce augurio di buona notte.
Percorriamo qualche chilometro ed incrociamo sul nostro procedere la sagoma inconfondibile di un cervo. Sandro riprende il cellulare e ripete la chiamata:
«Sai, ho visto un cervo in mezzo alla strada.»
«No! Davvero?»
«Sì era stupendo! Era un bellissimo esemplare maschio…» poi stessa solfa della chiamata precedente: «mi manchi tanto…», «No io di più!» e via dicendo fino al conclusivo «Buona notte tesoro, a domani.»
Poco più avanti altro cerbiatto ed altra telefonata simile alle precedenti.
Siamo quasi arrivati. Svoltiamo a destra al bivio in cui qualche giorno primo abbiamo avvistato il mini market, quindi vuol dire che ci siamo. La signorina del navigatore però, vuole stupirci ed anziché guidarci diretta tra le vie della città, propone una scorciatoia e ci fa arrivare Dio solo sa come a Lenti. Poco male, così abbiamo il modo di poter vedere con i nostri occhi la Movida della cittadina. Fantastico: abbiamo incrociato un piccolo autocarro ed una macchina della polizia a controllare il traffico. Facciamo un giro e ci ripresentiamo al bivio con il mini market. La signorina ci invita a svoltare sulla “ambarabbaicciccocò utca” questa volta correttamente.
Stiamo per arrivare al ben noto ristorante bianco, quando un bellissimo cinghiale ci attraversa la strada. Il bestione di stazza non inferiore al quintale si muove lentamente. Si gira verso di noi guardandoci con fare superiore, come se stesse attraversando sulle strisce pedonali e poi, come tutti gli animali che lo hanno preceduto s’infila nella macchia.
Sandro cava di tasca il cellulare e chiama ancora.
«Cavoli! Non ci crederesti, abbiamo incontrato un cinghiale!»
«Vaffanculo! Mi fai dormire o no?»
«Scusa. No questa telefonata non è venuta bene. Metti giù che ti richiamo.»
Sandro prova e riprova, ma non riesce più riprendere la linea.
Alla fine, dopo un giro fuori programma e dopo un’innumerevole di svolte sulle “chissachecazzostodicendo utca” la signorina del navigatore ci riporta sulla retta via. Non appena ci appare il cartello che indica l’Abbazia, la signorina da un’altra indicazione al nostro fiero guidatore:
«Uscire di strada sulla destra.»
Il Cagno prende alla lettera l’indicazione e manca clamorosamente il viottolo che porta al parcheggio e s’infila nel prato. Il nostro abile pilota però, non si scompone: tira il freno a mano della poderosa ed in un impressionante stridere di pneumatici compie un 360 gradi ed in controsterzo riesce a rimettere le ruote motrici sullo sterrato ed a portarci in salvo nel parcheggio. Peccato che non ci fosse nessuno a vedere la sua manovra, altrimenti avrebbe ricevuto la giusta dose d’applausi. Forse, qualcuno gli avrebbe anche chiesto un autografo.
Scendiamo a sgranchirci le gambe nel parcheggio. C’è un cielo stellato impressionante. Miriadi di stelle, illuminano un cielo nero in uno spettacolo che ci obbliga a rimanere con il naso all’insù.
«È molto sereno. Domani dovrebbe essere una bella giornata.»
«L’ultima volta che ho visto un cielo stellato così, è stato a Diano Marina. Ti ricordi Eros?»
«Sì! Il giorno dopo ha piovuto da mattina a sera.» La seconda profezia.
Il viaggio di ritorno, animali avvistati e telefonate di Sandro a parte, il Cagno, forse per esorcizzare la stanchezza o più semplicemente perché lui è fatto così, ha continuato con “quattro nostri connazionali etc… Adesso, sostiene che la foresta che stiamo attraversando sia l’ambientazione naturale per un film di Dracula, nel quale i quattro connazionali occupano il posto dell’attricetta di turno. A nulla serve fargli notare che il conte Vlad ha tutt’altra origine e che la Transilvania dista qualche trilione di chilometri. Ormai il click è partito. L’idea che il mahatma di tutti i vampiri può essere lì nascosto nel bosco, lo affascina e ne acuisce la fantasia. La fervida immaginazione del guidatore, racconta di un ipotetico film ispirato alla saga del principe della notte che in ogni modo possibile riesce ad approfittare dei malcapitati connazionali dell’Emilio nazionale.
Naturalmente, nella pellicola che stava girando nel cervelletto del Cagno, Dracula non si sarebbe limitato a darci dei bacini sia pur con i denti sul collo. No, prima e dopo il bacio profondo avrebbe di sicuro abusato delle vittime nei modi più biechi ed inimmaginabili. Il suo personalissimo porno-cult movie, a questo punto non avrebbe potuto scorrere fino ai titoli di coda senza che la massima autorità in fatto di porno potesse aggiungere il suo commento. Così, compaiono particolari non secondari riguardo i metodi e le maniere con le quali il conte ci avrebbe sopraffatto. Con sempre la faccia contrita Fede a commentare: quattro nostri connazionali, sono rimasti vittime di un increscioso incidente in territorio ungherese…»
Secondo il Cagno, il vampiro avrebbe attaccato in qualsiasi momento. Materializzandosi in mezzo ai sedili posteriori della poderosa. Aspettandoci al varco ben nascosto tra gli alberi, con la collaborazione di qualche cerbiatto, il conte ci avrebbe fatto fermare l’auto tra i boschi. Oppure, ancora che una volta arrivati a destinazione asseriva che questo sarebbe saltato semplicemente fuori dal bagagliaio o addirittura che si sarebbe nascosto sotto la tavoletta del water per approfittare del primo che si sarebbe seduto.
“E pensare che i nostri quattro si sarebbero anche potuti salvare.” Continua nel suo servizio al Tg4 l’amato direttore: “Sarebbe bastato un po’ di quell’aglio che avevano comprato per preparare gli spaghetti aglio olio e peperoncino. Purtroppo per una tragica fatalità, tutto l’aglio era stato consumato dal Culattone, che, per ovviare ad un suo problema di pressione arteriosa lo aveva tritato e spalmato sul pane…”
Così, mentre si spegnevano le ultime battute sul modo con il quale a turno, il pizzaiolo, il mafioso, il puttaniere ed il fantasticante culattacchione venivano sopraffatti, conosciuti biblicamente ed azzannati alla giugulare dal dentuto protagonista del film. siamo giunti a destinazione. Guardiamo il cielo e ci avviamo alla nostra casa. Ci aspettano, l’immancabile gatto nero che ci omaggia della sua presenza e sul lampione una falena da primo premio alla fiera delle farfalle notturne. Guardandola bene sembra quasi un vero vampiro.
La notte però, nonostante l’ora notevolmente tarda era ancora giovane. E mentre anche la fantasia del Cagno comincia a smettere di forgiare nuove scene per il suo film, il televisore finisce per caso su MTV. Nulla a che vedere con il famoso network musicale, si trattava invece di MTV tedesca, una televisione sulla quale sono trasmessi gli show più idioti ed incredibili che un occhio umano abbia mai potuto vedere. Roba che al confronto il grande fratello e Amici della De Filippi fanno un figurone. E noi? Potevamo forse perderceli? Certo che no.
Il primo programma chiamato “Canadian Invasion” metteva in luce l’addestramento di un manipolo di er… coglioni americani, pronti ad invadere il paese confinante o forse a resistere ad un’eventuale invasione. Questo non è dato saperlo, ma le prove cui si sottoponevano la dicevano lunga sullo spessore e la tempra degli uomini. Imprese eroiche da non poco: un militante che a cinque sei metri da una tigre, si mette a correre prima che questa liberata dalla gabbia abbia l’occasione di mordicchiarlo un pochino. (una tigre sicuramente drogata o quanto meno vegetariana, altrimenti ne avrebbe fatto un sol boccone, o forse alle tigri i coglioni piacciono solo trifolati.
Un altro invece stava sopra un palo ad aspettare che un carro armato lo prendesse a cannonate e con il lanciafiamme. Tutto contento, il sopravvissuto mostrava poi alla televisione il fondoschiena completamente bruciato con le vesciche sulle chiappe. Altra perla era quella donata da un graduato, probabilmente il capo dell’allegra brigata. Legato, con la sola testa che emergeva da un foro in un tavolo, il militare attendeva che enormi elastici tesi all’inverosimile lo colpissero in pieno volto. Dopo ogni colpo, con la faccia rosso porpora ed i segni delle frustate, a tutti quelli che gli proponevano di desistere e di farsi liberare, urlava «Next.»
Il meglio però, lo dava l’ultimo coraggioso idiota. Il quale, con le mani legate dietro la schiena, in mutande ed a gambe aperte, rimaneva ad aspettare che i compagni gli tirassero ogni tipo di palla, dal golf al bowling, esattamente lì dove state pensando. Riceveva senza quasi battere ciglio mazzate incredibili sui testicoli alternando smorfie di dolore a sorrisi particolarmente idioti.
Quando credevamo di avere visto il peggio, ecco un nuovo programma. Questa volta quattro ragazzi ed una donna alla mercé di un santone posticcio, (sembrava Giovanni nell’interpretazione del “cosmo sul comò”) che ordinava loro di sottoporsi alle prove più stupide immaginabili. La presenza della donna, sicuramente molto attraente aveva attizzato il nostro interesse. Pensavamo, vista anche la fascia oraria che come minimo il Santone avrebbe chiesto al quartetto d’ingropparsela davanti alle telecamere. Niente di tutto questo. I quattro infilando la mano in una scatola dovevano estrarre una pallina: chi beccava la nera doveva sottoporsi alla prova richiesta dal santone.
Prima prova. Passare la lingua su una tavola imbandita con ogni genere di schifezza: dal fango, ai mozziconi di sigaretta, vernice, gesso e poi deglutire con la lingua ancora infestata.
Seconda prova, altro ragazzo. Il fortunato prescelto doveva sottoporsi ad una serie di sculacciate con palette di legno e racchette da tennis.
Terza prova, ancora un ragazzo. Legato ad un palo il malcapitato avrebbe dovuto ricevere sulla nuda pelle del petto degli elastici ottenuti dalle camere d’aria di un TIR tese in maniera impressionante. Ai soci ed alla fiamma di una candela, il compito di bruciare lo spago che teneva tesi gli elastici e di liberare la frustata.
Quarta prova altro ragazzo. Seduto e legato ad una sedia senza il fondo, al malcapitato veniva applicata in zona sedere una bottiglia di plastica. La bottiglia veniva riempita con acqua e poi sparata a pressioni folli fino a quando era fatta esplodere vicino alle parti sacre del giovane.
Quinta prova, finalmente era lei a beccare la pallina nera. Delusione: invece dell’agognato stupro di gruppo, che forse lei stessa avrebbe preferito, le veniva applicata una maschera antigas. Al posto del filtro vi era un tubo con un tappo. A turno i quattro compari erano invitati a bere delle nefandezze fortemente gassate ed a digerire rumorosamente nel tubo. In quel modo la donna era costretta a respirare le fetide esalazioni degli amici.
Prova finale. I quattro avrebbero dovuto passarsi una pallina da ping pong aiutandosi solo con la bocca. Passandosela l’un l’altro mentre una macchina li avrebbe infastiditi tirando delle corde assicurate a parti del loro corpo. I testicoli per i quattro uomini ed i capezzoli per la donna. Prova fallita… e finalmente tutti a dormire.
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