Mi sveglio alle sei del mattino. Mi alzo e corro a vedere come è il tempo. Sembra sereno finalmente. gli altri dormono come angioletti.


Ritorno a dormire tranquillo: abbiamo almeno un paio d’ore ancora di sonno. Quando mi sveglio poco p rima delle otto, sento scorrere l’acqua della doccia. Sicuramente Daniele si è alzato e si sta lavando. Maledico me stesso per non aver approfittato due ore prima del bagno libero, perché adesso ne ho bisogno e so che l’amico è davvero lungo nelle sue operazioni mattutine.
Il giorno prima, lo abbiamo cronometrato: dal momento in cui ha chiuso l’acqua della doccia a quando abbiamo sentito il rumore del phon, sono passati trenta minuti. Dall’asciugacapelli al momento in cui la porta si è dischiusa almeno altri venti minuti. Mentre lo attendevamo è scattata una statistica: domanda del sondaggio: che cosa ha fatto il Cagno nei trenta minuti intercorsi tra la chiusura del rubinetto doccia all’accensione del phon?
Prendendo un campione di un milion… tre intervistati sono state estrapolate le seguenti ipotesi:
1) Si è masturbato (ovviamente avevamo definito in maniera più colorita questa ipotesi).
2) Si è addormentato sulla tavoletta del water.
3) Ha defecato.
4) Ha fatto footing.
5) Si è dedicato alla lettura dei classici della letteratura attingendo alla collezione di Sandro.
Scartiamo subito considerandola affidabile al 0 % la terza ipotesi. Non è stato udito lo sciacquone che ne elimina di fatto la possibilità.
Essendo il bagno di dimensioni ridotte, la quarta ipotesi crolla subito ed attesta la sua attendibilità intorno allo 0.1%
La quinta ipotesi si collega direttamente alla prima, nel senso che ne è la logica conseguenza.
La prima ipotesi è la più accreditata e si attesta anche per la ragione soprascritta intorno al 97 %.
La seconda è poco probabile, perché dopo una doccia non avrebbe molto senso. 2.9%.
Quando la porta si è aperta, lui è uscito sorridente ma non ha dato una risposta al nostro sondaggio.
Oggi però, primo sono solo io ad essere sveglio, sento la vescica che sembra una zampogna e non ho alcuna intenzione di fare altri sondaggi. Esco dall’appartamento e mi dirigo verso la piscina sperando che i bagni degli spogliatoi siano aperti. Grazie a Dio lo sono e posso così espletare i miei bisogni. Quando esco mi rendo conto di quello che prima nella foga di trovare un gabinetto non avevo notato. Il cielo non è più sereno ed anzi sta cominciando a piovere. Quello che credevo impossibile si è avverato. Sacramento ad alta voce e mi avvio verso la casa. Basta, non ne posso più! Un altro giorno in casa non ci si può stare. E poi, non sopporterei un’altra discussione come quella di ieri.
Dentro sia Il Giangi sia il Bepi si sono alzati. L’altro è ancora in bagno ad asciugare i capelli uno ad uno con l’asciugamano. Mi chiedono come è il tempo e quando comunico che piove, mi chiedono che si fa?
«Si va a casa!»
Dopo un breve conciliabolo ci siamo subito trovati d’accordo. Gli unici che forse avrebbero voluto finire la settimana saremmo stati io ed Eros ma di fronte all’ennesima dimostrazione di sfiga, anche la nostra convinzione ha cominciato a vacillare. Sono uscito ed ho scacciato il gattaccio nero (in realtà erano ben due i gatti neri presenti nell’Abbazia) dalla sedia, ma non ho potuto fare altro che rientrare e cominciare a rimettere insieme i bagagli.
Alle dieci e trenta, eravamo pronti a lasciare il luogo delle nostre sventurate vacanze.
«Allora paghiamo, poi partiamo e ci fermiamo visitare Trieste.» Propone Daniele raccogliendo il consenso di tutti.
«Sì, io ci sono stato ed è davvero una bella città, che vale la pena di essere visitata. Tanto più che ci si deve passare per andare a casa.» Aggiungo io.
Alle undici circa, lasciamo il parcheggio dell’Abbazia Country Club e Nemesnep lentamente diviene storia.
La signorina del navigatore ci indica per l’ultima volta la utca da seguire e via, si và verso casa. Piove ancora, governo ladro… beh almeno, non corriamo il rischio di pentirci per la scelta di anticipare il rientro. Ripercorriamo a ritroso, ma con le stesse condizioni meteo, la strada che ci ha portato quasi una settimana prima in Ungheria, ma adesso non c’è di sicuro lo stesso spirito.
Quando siamo nei pressi di Maribor la signorina ripete lo scherzo dell’andata. Invece di farci fare un chilometro scarso di autostrada, ci fa fare una nuova escursione sulle statali. Ma almeno così, possiamo mettere una sigla di visto sulla città. Dopo Lubiana, il Giangi lamenta una necessità impellente e schiaccia il pulsante per le fermate a chiamata. Ci fermiamo in un autogrill ed abbiamo così l’occasione di poter usufruire dei bagni. Di mangiare non se ne parla, siamo ormai a mezz’ora dall’Italia e tanto vale fermarsi a Trieste per mangiare finalmente italiano.
Quando varchiamo il confine tra Solvenza ed Italia, finalmente il grande assente di questi giorni ci sorride. C’è una giornata decisamente bella e calda che ci fa immediatamente mettere nel bagagliaio della poderosa i maglioni.
Ci avviciniamo alla zona del porto, dove riusciamo trovare un parcheggio. Sono le due e mezza e la preoccupazione adesso è solo trovare u posto per mangiare. Lo troviamo quasi subito. Una tavola calda che nonostante l’ora tarda è disposta a scaldarci qualcosa. Eros non crede ai suoi occhi, dopo una settimana di cotolette, spiedini e cibarie strane può finalmente mettere i denti su un autentico piatto di lasagne. Mangiamo, paghiamo e quando siamo pronti per andare a vedere la città eros si tira indietro:
«No io vado alla macchina.»
Il Giangi ed io, otteniamo il permesso di poter fare un giro per la città mentre gli altri due vanno a recuperare la poderosa. Abbiamo circa dieci minuti da gestire. Dopo tutto il resto, possiamo mettere la V anche su Trieste.
Saliamo in macchina. L’ingresso dell’autostrada, l’ho fatta da poco è so che parte in pratica dal lungo mare. Macchè, il navigatore ci fa inerpicare subito per la collina abbandonando oltre a trieste anche il lungo mare. Il tutto per farci gustare dei paesini ridicoli come Prosecco (esattamente quello che si è bevuto in abbondanza la signorina del navigatore) e poi ridiscendere prima di entrare in autostrada perdendosi così anche il lungo mare.
Ci si avvia pigramente alla fine di questa settimana. Non siamo stati fortunati con il tempo ma non posiamo negare di aver riso come matti e tutto sommato di esserci divertiti. Eros, sembra impaziente di arrivare a destinazione e maledice ogni macchina che ci ostacola il passo. Quando ci fermiamo er l’ultima sosta all’autogrill dei Monti Lessini, Sandro qcquista quattro gratta e vinci, chissà ami che la fortuna giri dalla parte giusta. All’andata, era successa la stessa cosa e solo Eros e Daniele avevano vinto.
Oggi, però puntiamo tutti sul Cagno che dopo il torneo di ieri sembra in stato di grazia. Eros però ha fretta e gratta anche il suo biglietto senza vincere nulla. Vinco solo io: un altro biglietto ovviamente.
Lo cedo al Cagno che con Eros alle costole che fa tutto il giro dell’autogrill per prenderlo. Quando escono Rosino sta provando ancora a grattare, ma io e sandro lo blocchiamo.
«Lascialo fare a lui stavolta.»
Daniele non tradisce e vince. Si rientra a prendere il nuovo biglietto mentre il nostro impaziente amico comincia a sbuffare. Non usciamo. Il nuovo tagliando daniele lo gratta all’interno e vince un altro biglietto. Lo gratta ancora, mentre dal vetro vediamo la faccia di Eros che ci sta maledicendo di sicuro. Il conte gratta ancora e questa volta vince cinque euro. A Rosino che ci guarda dal vetro comincia ad uscire il fomo dalle orecchie, così il guidatore opta nonostante il mio consiglio di continuare, per chiedere la banconota invece del biglietto. Peccato, poteva essere la volta buona.
Scarichiamo il primo pezzo a monza alle nove e trenta. Poi Sandro e quindi me. Saluto il cagno che fa manovra e se ne va. Vedo scomparire la poderosa dalla via della mia casa... partono i titoli di coda: la vacanza è finita.
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