Nei tempi morti, quelli in cui non è possibile uscire perché piove o perché si è stanchi, ci si trova nel piccolo appartamento, soli anche se in compagnia. Ci sono i classici modi di impegnare il tempo. Io ne ho uno un po’ anarchico, che mi porto dietro da parecchio tempo. La settimana enigmistica. Con lei riesco sempre a trovare il modo di tenere allenata la memoria e ad evitare di annoiarmi. Mia madre quando ero ancora piccolo mi ha introdotto in quel mondo di cruciverba, rebus e quiz e da allora non ho più smesso.
Sandro, divide i suoi momenti liberi tra il cellulare con il quale è sempre preso a scrivere, navigare in internet o a parlare con qualche amica, e il giusto riposo del guerriero. Riesce ad addormentarsi con estrema facilità rimanendo in un limbo di sonnolenza vigile che gli permette di partecipare qualora è coinvolto.

Eros, se non siamo in giro e se non deve mangiare concentra la sua attenzione sul televisore. Gli riesce di guardare programmi più strani con l’audio in lingue più disparate. Se poi c’è uno sport in tv, allora tutto è ancora più semplice. Daniele è il più insofferente dei quattro. Dipendesse da lui, impiegherebbe di sicuro tutto il tempo morto a fumare. Credo che lo condizioni la paura di doversi annoiare a tal punto che riesce ad annoiarsi per paura di annoiarsi. È un ragionamento contorto, lo ammetto ma credo che gli calzi a pennello. Lui odia i silenzi che si possono generare quando è in presenza di altre persone ed odia allo stesso modo i lunghi momenti in cui non ha nulla da fare. Il problema è solo l’eterno conflitto tra il non aver nulla da fare e la pigrizia di dover fare qualcosa. Da questo piccolo equilibrio scaturiscono molti atteggiamenti che lo contraddistinguono come il ritardo congenito e la scarsa propensione a prendere iniziative.
Quando si è in gruppo però è bene che i tempi morti siano ridotti all’osso. Per questo, abbiamo portato le fedelissime quaranta amiche di sempre. Le carte da gioco. Manca un elemento per giocare al due, ma possiamo sempre sbizzarrirci con un megatorneo di tressette ciapà nò. La partita inizia come sempre lenta e quasi svogliata, poi comincia a diventare più attraente quando si comincia a misurarsi sui punteggi. Ad un certo punto giocando la carta giusta al momento giusto scappa una battuta con tono milanese:
«Testina, se conti le carte, lo sai che c’è in giro solo l'asso e il tre di fiori. Ti gioco l’asso e zac il più è fatto. Lo prendi tu ed io vado in bianco anche questa mano. Regolare, no!»
Questo è un invito troppo grande per il Cagno che sente scattare nella sua testolina il nuovo click. Da quel momento, si comincia a parlare tutti come un cummenda milanese, con buona pace del Dogui, che ci ha lasciato come eredità il suo personaggio. Siccome però, la nostra classe ci fa sempre andare oltre, creiamo i personaggi di un’ipotetica partita di tressette, giocata in un bar di lusso della Milano da bere. Nascono così, dalla nostra fantasia il Bepi (Eros) farmacista con pluriennale esperienza, il Giangi (Sandro) play boy e scavezzacollo. Rampollo di una delle famiglie più ricche del capoluogo lombardo, egli, poco propenso al lavoro ha incentrato i suoi interessi alle donne al cibo ed all’ozio. Ci sono poi i cugini Brambilla, eredi del cavaliere del lavoro e nobile Conte Andreino Casiraghi. Al momento dell’eredità il nonno Andreino aveva chiamato a se i due nipoti, unici eredi purtroppo per lui, ed aveva diviso il suo patrimonio. Aveva eletto Conte il nipote più giovane e lasciato in eredità all’altro la segheria ed il titolo di cavaliere del lavoro. Così il conte (Cagno) ed il cavaliere falegname (io) erano presto entrati in conflitto scegliendo il cognome della madre per differenziarsi: nascevano così il conte Brambilla- Casiraghi ed il cavaliere del lavoro Brambilla Fumagalli.
Questo ultimo “click” si dimostra il più azzeccato. Infatti, da quel momento in poi nessuno riuscirà più a parlare con il proprio tono di voce. Cominciamo durante la partita:
«Uhei, va che il Bepi non è mica lì a curare le biciclette.»
«Dai Giangi, vediamo che cosa tiri fuori dalla melonera.»
«Va che il nonno non era mica un pirla. Mica per niente ha fatto conte a me.»
«Il nonno lo chiamavano pirla, già da quando era alto così.»
«Parli così, solo perché sei invidioso! Testina, mica poteva farne due di conti. Se no, dopo i conti non tornano.»
il nonno Andreino, lo avranno anche chiamato pirla fin da quando era piccolo, ma evidentemente ci ha aveva visto giusto. Il conte con un cappotto doppio ha schiantato tutti e si è aggiudicato il torneo.
Classifica:
Conte Brambilla Casiraghi: 126
Cavaliere Brambilla Fumagalli: 148
Giangi: 150
Bepi : 157
«Quando ho visto le cartine, e non appena mi hanno dato sotto il tre di cuori... zac sono andato giù di libidine fino al cappotto.» Ha commentato il nobile non appena ritirata la coppa del vincitore.
Il nonno di sicuro gli ha lasciato oltre il titolo nobiliare abche una dose di culo mai vista in precedenza. La partita, le discussioni che ne conseguivano e tutte la frasi dette, erano rigorosamente in quel milanese aristocratico.
Il fatto grave è che poi lo stesso tono lo si teneva anche quando non si stava giocando.
«Allora, per arrivare al Balaton, giri lì a sinistra e poi vai sempre dritto fino all’autostrada. Regolare no?»
Addirittura al telefono con mogli e figli si manteneva lo stesso tono da milanese imborghesito. Probabilmente i nostri familiari avranno cominciato a chiedersi cosa ci davano da mangiare in Ungheria e soprattutto se non avevano fatto una cazzata a lasciarci andare tutti insieme.
Ormai con questo strano slang, la nostra vacanza volgeva pigramente alla fine. All’Abbazia abbiamo provato a giocare a ping pong rispolverando un nostro vecchio amore di gioventù. Mitici i pomeriggi passati al circolone di Bernate a giocare a quello o al biliardo. Abbiamo poi provato il tennis con per una volta insieme i cugini Brambilla contro Giangi e Bepi. Quando al tie break del primo set mi è passata davanti l’ultima palla, ho creduto di vedere la Madonna che scuotendo la testa mi chiedeva di lasciare perdere, ho capito che era finita.
Prima c’era stato il volo di Rosino che nella foga di battere si era schiantato a terra rovinosamente. Perdendo il punto che noi ci siamo affrettati a contare.
Anche durante la partita Daniele non aveva perduto il suo senso dell’umorismo e più volte mi aveva detto di giocare in un modo anziché nell’altro:
«Ueh, cerca di stare più vicino alla rete, così gli fai la voleè a quelli lì. Lo diceva sempre il nonno Andreino che devi giocare così.»
La partita sul campo è stata vinta al Tie break dalla coppia Giangi – Bepi. Dopo un controllo tra i medicinali però, avendo letto su uno dei flaconi con le pastiglie che il Giangi utilizza per cercare di perdere peso la parola “Doping” il risultato è stato messo Sub Judice.
E visto che abbiamo scritto di queste pastiglie, vale la pena di spendere qualche parola anche su quest’argomento. Purtroppo abbiamo probabilmente passato il mezzo del cammin di nostra vita. Chi più e chi meno, si comincia ad accusare i primi acciacchi dovuti al fisico che non è più quello di una volta. Così la mattina c’è da prendere la pastiglia per controllare l’ipertensione. Il pomeriggio il Giangi ha le pastigliette per ridurre gli stimoli della fame, la sera anche. Conoscendo i miei polli e la memoria labile che ci contraddistingue, ho preparato una tabella con gli orari per le pillole e quotidianamente mi sono impegnato a chiedere:
«Hai preso la pastiglia?» per poi spuntare immediatamente dopo con una crocetta l’avvenuto ingoiamento. L’arrivo di Sandro, ha comportato che più della metà dell’armadio su cui era posto il televisore fosse invaso dai suoi medicinali e dai suoi prodotti: dentifricio, liquido per le lenti a contatto, pastiglie di ogni forma e colore, gel effetto bagnato, gel forte, dopo gel, dopo barba, lucida labbra, acqua di colonia, tampax perché non si sa mai, colluttorio… e di sicuro ho dimenticato qualcosa.
La convivenza però, non è fatta solo di tornei, partite a tennis o di televisione. Ci sono i momenti sia in macchina sia tra le mura domestiche, in cui s’intavolano delle discussioni sui massimi sistemi che rischiano spesso di degenerare in rissa. No, nessuno di noi sarebbe così scemo da venire alle mani con uno degli amici di una vita, ma arrivare allo scontro verbale… sì.
Abbiamo già scritto della differenza di vedute riguardo alle coppie gay. Altre discussioni sono iniziate quando Sandro ha definito nell’istinto l’unica dote che contraddistingue un fuoriclasse da un semplice campione. Fino a quando il discorso era limitato a Roger Federer noi avevamo controbattuto nel assicurare che ok per l’istinto, ma senza un’ottima preparazione fisica, e senza una raffinata tecnica di base, lo svizzero non sarebbe mai divenuto il numero uno al mondo. Soprattutto, non lo sarebbe restato per così tanto tempo. Il peggio è arrivato però, quando il Giangi ha affermato che Maradona è stato il grande campione che è stato, solo grazie al suo istinto naturale. Non lo avesse mai fatto: il Cagno ed Eros in particolare, toccati sul vivo in quella che è la loro religione, vale a dire il calcio, hanno subito fatto notare che il Pibe de Oro era ben altro che un semplice istintivo.
«La tecnica, la puoi imparare. Ti metti lì, provi, provi e provi fino a quando impari a fare le stesse cose che fa Maradona. Ma L’istinto del fuoriclasse, o ce l’hai, oppure non c’è maniera di impararlo.»
La discussione che n’è conseguita è stata tremenda. Il villaggio intero funestato da decine e decine di decibel. Abbiamo poi trovato esempi sempre più stupidi per definire chi nella storia ha avuto successo grazie all’istinto o alla bravura. Siamo stati capaci di coinvolgere nella discussione nell’ordine: Valentino Rossi, Michael Schumacher, Pablo Picasso, Ludwig Van Beethoven, Bijorn Borg, John McEnroe. Tutti geni nel loro mestiere, che secondo il Giangi hanno ottenuto il successo solo grazie all’istinto. Come se classe, tecnica, preparazione, allenamento e duro lavoro non contassero niente. Come si può notare si tratta di una discussione stupida intorno al niente. Una discussione che è andata avanti per più di due ore e che ha raggiunto dei toni impossibili da sopportare per noi, figurasi per i nostri vicini.
A bocce ferme, possiamo trovare facilmente un compromesso tra la tesi di Sandro e la nostra. Possiamo dire accontentando tutti che ognuno degli interpreti dei rispettivi lavori è stato un genio. Qualcuno ha dovuto lavorare duro per arrivare fino all’apice del successo qualcuno magari un po’ meno. Tutti hanno in comune il fatto di essere stati baciati dalla fortuna che li ha dotati di un dono naturale, che è quello di saper interpretare al meglio la loro professione. Possiamo passare per buono il fatto che istintivamente Maradona sia stato più portato a capire in anticipo cosa fare con il pallone prima che questo gli giungesse tra i piedi. Però, solo con la sua intuizione, senza la capacità di correre più degli altri tenendo la palla inchiodata al suo destro, o senza la forza fisica di resistere agli attacchi dei difensori avversari non sarebbe andato molto lontano. Sicuramente il gol all’Inghilterra nei mondiali 1986, non lo avrebbe mai fatto. Certamente Sandro considera istinto, quella cosa che noi chiamiamo dono naturale, quindi non è completamente sbagliato il suo discorso. Sbagliato ostinarsi a dire che Maradona non possedeva tecnica ma solo istinto. Il segreto del successo secondo il mio parere, dipende da tanti fattori: la dote naturale (chiamiamola pure istinto) la preparazione e l’allenamento, la mentalità, la fortuna. Schumacher ad esempio è considerato il più grande di tutti i tempi, ma ha corso spesso, troppo spesso con la macchina più forte e contro nessuno. Senna ad esempio ha corso anch’egli con un top team e con una vettura forte, ma aveva almeno contro degli avversari degni: Prost su tutti, ma anche Mansell, Piquet. L’unico che ha contrastato il tedesco invece, è stato Mika Hakkinen, poi dopo lui fino all’arrivo di Alonso, se si eccettua un timido tentativo di Raikkonen, il nulla. Ma tutto questo… non c’entra nulla.
Prima abbiamo fatto un accenno agli sfortunati vicini che hanno spesso dovuto sopportare le nostre discussioni ed intemperanze. Deve essere ricordato che durante la nostra permanenza abbiamo legato con una coppia che alloggiava nell’appartamento a fianco. Lei era americana di New York e lui invece era canadese.
Lei mi è servita per fare un po’ di training con il mio inglese. Parlava abbastanza lentamente e nonostante arrivasse dalla Grande Mela dove si parla uno slang spesso incomprensibile, il suo inglese non era difficile da capire. Lui era uno strano individuo difficile da definire. Arrivava, salutava con un gran sorriso, faceva delle domande, poi senza attendere la risposta, si allontanava velocemente. Un comportamento maleducato difficile da capire. All’inizio avevamo attribuito al fatto che facendo casino, li disturbavamo e credevamo che quello fosse il modo stupido di vendicarsi. L’arcano lo ha spiegato lei qualche giorno dopo.
«He goes away because your friend is smoking a cigarette.»
In pratica il canadese del quale non ricordo il nome, ma che invece ha imparato a memoria i nostri storpiando il mio, arrivava con tutte le buone intenzioni e poi batteva in ritirata non appena il Cagno accendeva una sigaretta. Uno strano individuo, simpatico ma veramente strano.
Chissà che cosa avranno pensato loro di noi? Stavamo svegli fino alle due a giocare a carte o a parlare ad alta voce disturbavamo i loro sonni, per poi cominciare alle sette con la colazione e le urla di primo mattino. Magari avranno pensato: “ma che sfiga! Quelli di sopra fanno casino fino a notte tarda. Quelli di sotto si svegliano presto…”
Anche la colazione merita un piccolo discorso. Abbiamo portato dall’Italia latte, caffe solubile, caffettiera, biscotti del mulino bianco. Scaldavamo il latte nel microonde per me e Daniele, un tè per Erosino e via. Poi abbiamo comperato al supermarket dei nuovi dolcetti per Eros. L’arrivo di Sandro ha comportato l’arrivo sulla tovaglia delle patatine, degli M&Mens, delle arachidi tostate, di nuovi dolcetti e tutto il resto. Un breakfast continentale.
Ultima chicca, l’ultima sera. È stato un bel giorno, ma non ce lo siamo potuti godere. Rosino la mattina è volato sull’asfalto del campo da tennis e si è fatto male al piede. È rimasto a riposo tutto il pomeriggio, e a parte il torneo di tressette, è rimasto a vedere la televisione. Il Giangi ed io, dopo un’ora abbondante di carte, decidiamo di sfruttare se non la piscina, perché non fa abbastanza caldo, almeno la zona balneare dell’Abbazia. Io ci vado per primo. Entro nella sauna e mi accomodo. È buio pesto e fa decisamente caldo. Noto che però stranamente, nonostante la temperatura elevata fatico a sudare. Normalmente, in una sauna, impiego meno di un minuto a grondare di sudore, qua invece, nonostante il gran caldo stento a diventare umido. Sandro mi raggiunge e si siede al mio fianco. Rimaniamo una ventina di minuti al caldo, poi approfittando dell’ingresso di una signora usciamo e ci facciamo una bella doccia. Quindi, entrambi nella vasca idromassaggio. Fatichiamo a comprendere perché i nostri compagni di avventura non abbiano voluto sfruttare questa possibilità.
Vedrai, li troviamo uno fuori che fuma e l’altro sdraiato a guardare la televisione. Non è la fine del mondo, ma almeno stare a mollo nell’acqua tiepida e piena di bolle rilassa davvero tanto. Quando proviamo ad uscire, scopriamo la sorpresa: fa freddo ed il costume diventato subito gelido rende difficile camminare. Il tessuto gelato si appiccica alla pelle delle gambe ed è davvero una sensazione sgradevole. Decidiamo di toglierlo e di fare ritorno alla base con l’asciugamano avvolto in vita. In pratica abbiamo percorso quattrocento metri all’aperto reggendo l’asciugamano con una mano e cercando con l’atra di strappare quello dell’amico. Arriviamo davanti alla casa e troviamo il Cagno con la faccia appesa delle grandi occasioni e l’immancabile sigaretta tra le mani. Dentro Eros sta terminando di vedere un’interessantissima partita di pallamano tra squadre di seconda divisione del campionato ungherese con commento in magiaro antico e sottotitoli in croato. Poi dal niente, è partita la discussione già spiegata alcune righe fa. In momenti come questi, ti accorgi tuo malgrado che incominci ad invidiare quei cinesi che sono rimasti intrappolati nella coda del secolo. L’unica cosa che mette tutti d’accordo e scaccia ogni apatia è la cena. La sera precedente abbiamo provato a farci un bel piatto di pasta, ma non siamo stati assistiti a dovere dalle piastre elettriche. Con la prima, la più grande dopo un’ora l’acqua era lungi dal bollire. Il Giangi, aveva proposto di dividere l’acqua in due pentole e di usare anche la seconda piastra non ottenendo però alcun miglioramento. Da notare che mentre nella pentola l’acqua faticava a raggiungere la temperatura, quella presa direttamente dal rubinetto ti scorticava le mani per il calore. Così, con manovre ardite ho buttato via un po’ dell’acqua dalla pentola aggiungendo quella dal lavabo riuscendo dopo il tempo record di un’ora e cinquanta ad ottenere la benedetta ebollizione. L’idea di dover impiegare tre ore per prepararsi la pasta asciutta è a dir poco vomitevole, e poi siamo stati in casa tutto il pomeriggio. Ci prepariamo ed andiamo in cerca di un ristorante.
«E delle sigarette!» Commenta Daniele.
Siamo pronti ed usciamo.
L’ambiente è ancora scosso dalla discussione. In macchina, riprende la diatriba senza arrivare a nessuna conclusione, quindi di comune accordo decidiamo che ora di farla finita. Arriviamo a Lenti ed ai due nostri amici fumatori viene quasi un coccolone quando si accorgono che il supermercato è chiuso e che non possono trovare la loro ricarica di nicotina. Giriamo per la città, ma non troviamo un solo negozio aperto. Il conte va nel panico. Conta i colpi che gli restano in canna e preoccupato lancia la sua proposta: «Andiamo a Zahjlera, compriamo le sigarette e poi troviamo un ristorante per mangiare lì.»
Gli facciamo notare che la città cui fa riferimento lui è a quasi un’ora di strada e che essendo quasi le nove, si rischierebbe di non trovare aperto né un tabaccaio, né un ristorante.
Per fortuna incrociamo alcuni ragazzi che danno al guidatore sull’orlo di una crisi di nervi un po’ di ossigeno. Riescono a spiegare che c’è un distributore di benzina che dovrebbe vendere anche i tabacchi e che normalmente è aperto 24 ore. Lo troviamo. I due comprano la loro dose di droga e sono più sereni. Troviamo sempre a Lenti un bel ristorante grazie all’ausilio della preziosa collaboratrice vocale. Ci manda sulla “affanculovoiel’istint utca” e vediamo l’insegna di un locale. Scendiamo, e ci troviamo di fronte al solito dilemma della lingua. Ci accomodiamo e notiamo che i menù sono sotto titolati in inglese.
Il locale è stranamente frequentato. Del resto siamo in città. C’è un tavolo con sei signori probabilmente austriaci, un tavolo con una famiglia e due giovani ragazzine, poi dietro al Bepi una coppietta e dietro me un’altra coppia un po’ meno giovane. Sandro osserva entrambe le coppie e poi emana la sentenza:
«Linguaggio del corpo! Vedete queste due coppie: ebbene, una solo di queste stasera dopo la cena esce e fa sesso, quale è?»
Non ci sono risposte sensate, anche perché quando arriva da mangiare si ha altro da fare. Poi, c’è un po’ di timore che possa nascere una nuova discussione come la precedente. Risponde lui:
«Questa dietro di me, da come si muove, da come si pone rispetto al suo fidanzato ha già ben chiaro in mente che dopo la digestione si apparterà in un parcheggio e che saranno fuochi e fulmini. Quell’altra…» Indicando la donna alle mie spalle, «Si vede che non è interessata all’uomo che ha di fronte e che sta lì solo per educazione. Probabilmente vorrebbe essere a casa sua a vedere la televisione, piuttosto che lì con lui.»
Qualcuno obietta qualcosa e lui, imperterrito spiega:
«Le mani davanti alla bocca quando parla, la postura svogliata sulla sedia e la faccia così seria…
sono tutte cose che mi assicurano che è come dico io. Il linguaggio del corpo, non mente mai e…»
«Ueh Giangi, guarda che anche tu parli con il corpo…» Lo blocca Daniele con il solito tono milanesizzato, innescando una fragorosa risata.
«E fai anche dei bei discorsi!» Aggiungo io in perfetta linea con il conte, «anzi, si può pure assicurare che a volte ti esprimi meglio con il corpo che con la bocca.»
la coppia trombante, seconda la teoria del nostro amico, si alza e se ne va, lasciandoci a ridere al tavolo. L’altra coppia continua ad occupare il tavolo in fondo al locale. Che abbia ragione il Giangi? Non lo sapremo mai.
Sulla strada del ritorno incontriamo l’ultimo cerbiatto della nostra esperienza in Ungheria, e poi tutti nell’appartamento 310 dell’Abbazia Country Club.
Daniele avanza l’ipotesi di ritornare con un giorno di anticipo, incontrando il parere contrario di Eros ed il mio, che speriamo il giorno seguente di riuscire finalmente a fare qualcosa di meglio. Eros, con le mie scarpe è riuscito a camminare per venire al ristorante e se il tempo finalmente ci assisterà, si potrebbe fare un ultimo salto al lago Balaton. Sandro invece, è dell’idea di spendere l’ultimo giorno in un posto più allegro e propone Jesolo. Ne segue una breve discussione che termina subito, questa volta senza bisogno di alzare la voce. Si rimane.
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