Uno sport che si rispetti, deve avere i suoi miti passati. Qualcuno che vale la pena di rimpiangere, perché si è allontanato dai tavoli da gioco. Eccovi allora, qualche ricordo di campioni che hanno calcato i tavoli del due e che hanno lasciato tracce indelebili del loro passaggio.
Angiolino:
Dell’“animale da Due” come fu definito da Zeus in persona, abbiamo già parlato in precedenza, quello che possiamo aggiungere è solo che si tratta di sicuro di una figura di spicco. Una specie di mitologico essere tipo Centauro, mezzo uomo e mezzo cavallo; Minotauro mezzo uomo e mezzo toro: Angiolino fu mezzo giocatore di Due e basta. L’altra metà non fu mai trovata.
Egli fu una specie di Oronzo Canà, il famoso tecnico calcistico sostenitore dello schema di gioco a 5-5-5. Attaccante immarcabile, Angiolino era in grado di presentarsi regolarmente nelle aree avversarie due al piede e di seminare il terrore (specialmente quando chiamava e ti beccava). La critica, da sempre severa sui giocatori di questo calibro, lo mise più volte in croce per alcune giocate ardite (e un po’ stronze) ed alla fine ebbe la meglio sulla sua voglia di continuare a giocare. Appese le carte al chiodo ancora giovane e si trasferì alle dipendenze del circo di Darix Togni dove ancora oggi si esibisce come fenomeno vivente.
Di lui rimane il ricordo indelebile delle sue giocate, un libro di teorie e di profezie, che al pari di Nostadamus è ancora in fase di interpretazione. Rimane soprattutto, la consapevolezza di aver perso per strada un inimitabile cultore del bel gioco e di tutta la briscola a chiamata.
Dorino.
Giocatore di difficile interpretazione. Un altro animale da due che ostentava purtroppo insicurezza ad ogni carta giocata. A differenza del suo grande antagonista il mitologico Angiolino, egli era un difensivista che faceva del contropiede la sua arma micidiale. Così come il primo dispensava terrore quando chiamava, il secondo distribuiva brividi a manciate, quando erano gli altri a comandare il gioco. La paura che fosse lui il socio, essendo inimmaginabile che potesse chiamare, condizionava a volte le partite e le rendeva di impossibile interpretazione. Si ritirò alla fine di una dignitosa carriera, rifiutando le offerte di diventare allenatore. Era nauseato dal gioco e voleva chiudere per sempre con esso.
GianPaolo.
Estroso. Coraggioso al limite della follia. Il giocatore rappresentava la mina vagante ad ogni partita. La voglia di protagonismo e la mania di grandezza lo portavano a chiamare anche in condizioni di sicura inferiorità. Come tutti gli attaccanti, ha raccolto meno di quanto avrebbe meritato e si è allontanato dai tavoli molto presto, facendo crescere nei tifosi più di un rimpianto per la decisione prematura.
Alberto il biondo (Cuciuffo).
Ha ballato solo per qualche stagione, direbbero di lui i giornalisti sportivi. Si tratta di un giocatore con mentalità vincente che ha calcato per qualche stagione con successo i tavoli del due. Giocatore di sostanza e di buone doti fondamentali, vinse con la sua nazionale i campionati mondiali a Città del Messico. Insieme con il suo gemello Romano (che vedremo in seguito) decise di porre fine alla propria carriera, per dedicarsi ad un altro sport nel quale la coppia eccelleva: il calciobalilla.
Romano.
Meno eccellente del suo gemello, era un giocatore con caratteristiche difensive. Badava più al sodo che alle giocate risultando a volte anche un po’ antipatico. (nessuno glielo avrebbe fatto notare però, vista la mole fisica non indifferente.) Egli contribuì in maniera decisiva a convincere il naturale compagno ad abbandonare il due per dedicarsi con lui al Calciobalilla.
Ivan.
Figlio d’arte di un grande giocatore della storia, il mitico “Giuan Casciaball,” Ivan seguendo l’impronta del celebre genitore si affacciò presto al gioco. Egli si mise subito in mostra per la facilità di giocata e per l’adattabilità della sua mentalità al nostro modo di giocare. Tra l’altro una sua leggera disfunzione (leggero strabismo) lo facilitava abbastanza nel gioco, diciamo sporco sia in fase di osservazione (delle carte altrui) sia in quello di comunicazione visiva con gli avversari. (Ammiccava al cassiere guardando però me, così il cassiere ignaro faceva la sua partita, ed io magari finivo per caricarlo convinto che mi avesse fatto un cenno.)
Si allontanò presto dalla società, preferendo raccogliere successi a mani basse in altre federazioni più lontane. Concentrò la sua attività in America Latina conquistando decine di trofei, coppe Libertadores, classifiche dei marcatori e DUE D’ORO a bizzeffe. Raccontò di essere stato chiamato la “perla bianca” in contrapposizione a quella nera impersonata da Pelè, con il quale ha intrattenuto a lungo un rapporto di stretta amicizia. Secondo i suoi racconti, egli è stato sul punto di essere eletto presidente dell’Argentina e che solo l’intervento del Gaucho Triste Carlos Reutemann gli ha impedito di salire a capo del governo.
Fu in pratica il quinto e più importante dei famosi Beatles, per i quali, dopo essere uscito dal gruppo solo per la calvizie che lo rendeva poco fotogenico, continuò a collaborare dietro le quinte. Assicura che Yesterday, Let it Be, Hey Jude e molte altre canzoni le ha scritte lui stesso e che, per dispetto abbia contribuito a fondare anche i Bee Gees.
Ivan inoltre, è il primo uomo in grado con una motocicletta dotata di motore elaborato ad essere arrivato alla bellezza di 427 Km/ora e di detenere il record mondiale di accelerazione: da 0 a 100 KM/h in 0,23 secondi.
Dotato di un indiscutibile attrezzo di piacere, (fondi attendibili assicurano che è vero) il nostro eroe ha ottenuto più volte la laurea Honoris causa allo “stanga raduno” della Val Vigezzo.
Negli anni sessanta, Ivan fu capo delegazione nella prima spedizione di Apollo sulla luna. Fu lui a mettere il primo piede sul satellite naturale, anche se per ragioni di amicizia, lasciò ad Armstrong l’onore di poter raccontare di averlo fatto.

Qui mare della tranquillità, Ivan ha allunato.
Di tutto questo naturalmente, non v’è traccia. Né sugli almanacchi sportivi, né su qualsiasi quotidiano dell’epoca né in ogni altro tipo di archivio. Ma l’importante è che abbia dimostrato di essere il fiero erede del mitico Giuan.
Adamino.
Figura recentissima del gioco. È uno dei giocatori storici che ha contribuito a fare grande la società. Non deve essere dimenticato mai oltretutto, che grazie a lui ed alla sua partecipazione all’ IBM TWO league, è stato importato, inserito e metabolizzato (mah?) il famoso “invito.”
Il giocatore ha vissuto fasi diverse nella sua carriera: una prima in cui difficilmente gli riusciva di frenare la impulsività, ed era portato ad ergersi al ruolo di comandante in partite impossibili. La sua generosità unita all’audacia al limite dell’incoscienza, lo spingevano spesso a gettare il cuore oltre l’ostacolo. (È passata alla storia a riguardo, una sua risposta ad un cinque ad invito, senza essere in possesso di alcuna briscola, che gli costò un cappotto a rovescio.)
Maturando (i maligni tendono a fare coincidere questa sua metamorfosi, con l’esatto momento in cui si cominciarono a marcare i punti e ad attribuire ad essi un valore economico) il giocatore ha imparato a dominare la sua spavalderia ed a controllare meglio la situazione diventando un giocatore abbastanza saggio e morigerato.
Indiscutibilmente dotato di una buona visione di gioco, Adamino non sfigura certamente al cospetto degli altri giocatori e talvolta ha ancora occasione di partecipare senza impegno a qualche partita. Il suo carattere sparagnino degli ultimi tempi, lo ha messo in contrasto con la società creando più di un diverbio e affrettando l’uscita di scena del giocatore dalle competizioni.
Nessun commento:
Posta un commento