la stanza 27
«Odio le costrizioni.»
«Che ne sanno, loro, i dottori di cosa voglio, cosa provo, cosa sente il mio corpo stanco...»
I neon, con la loro luce fredda ed artificiale sono ancora accesi nella camera numero 27 del Memorial Hospital.
Lo sono sempre stati. Nessuno dei tanti infermieri che si sono alternati al mio capezzale, si è mai premurato di spegnerli. Sono sicuri che non faccia differenza.
“Coma irreversibile” aveva sentenziato il dottor Moore senza neppure abbassare la voce per evitare che il malato potesse sentire e rimanere impressionato.
È una prassi normale considerare gli ospiti della camera 27 un’entità astratta più simile ad un fantasma che ad un essere umano. La camera 27, era considerata ormai come l’anticamera dell’inferno, un luogo di transizione tra la vita oltre la porta d’ingresso, ed il buio della morte sempre pronto a prendere il sopravvento.
“Cosa vuole che le dica signora?! Forse sarebbe stato meglio se quel pirata lo avesse ucciso sul colpo.” Aveva commentato il dottor Moore, con la solita schiettezza.
Elena, con gli occhi pieni di lacrime non lo aveva intenerito: “In quel modo sarebbe scivolato via senza soffrire, così invece a meno di un miracolo rimarrà sempre in questo stato vegetale.”
Lei era corsa via uscendo e lasciandolo solo con la paura per quello che aveva appena appreso.
“Che brava attrice! Chiunque vedendola in quelle condizioni, avrebbe finito con il credere che fosse realmente disperata.”
“Chiunque non sapesse che aveva una storia con un altro uomo, le avrebbe creduto.”
Avrebbe finito per crederlo anche James, se solo l’avesse potuta vedere così affranta. Se solo, avesse potuto voltare la testa per guardarla negli occhi.
Invece, era costretto in quella posizione a fissare ad occhi semichichiusi il soffitto della camera.
Tutto, avrebbe potuto essere differente se, quella sera, James fosse stato costretto a guardare fisso di fronte a se. Allora però, non vi era alcun problema né paraocchi ad impedirgli di voltare lo sguardo e vedere Elena in macchina con un altro. Niente lo impossibilitava a vedere quello che succedeva sulla macchina e scoprire che la moglie aveva una seconda vita. L’aveva vista abbracciarsi a lui e baciarlo, prima di scendere e correre alla fermata dell’autobus. Una corsa di una sola fermata, prima di scendere come tutte le sere davanti a casa, come se fosse la cosa più normale del mondo.
Confuso James, con il cuore gonfio si era sporto troppo invadendo la carreggiata ed era stato centrato in pieno da un furgone. Al dolore morale si era subito aggiunto quello fisico, e l’impossibilità di muoversi e di comunicare con chiunque.
Era stata dura all’inizio, vedere Elena al proprio capezzale senza poterle dire nulla, senza poterla accusare senza poterle fare niente.
Non poteva capire, non n’aveva la possibilità di farlo, per quale motivo lei stesse continuando a venire a trovarlo. Forse, senso di colpa, forse un rigurgito d’amore… pensava che forse avrebbe potuto perdonarla, dimenticarsi di quello che era successo e ricominciare da zero.
Poi, tutto di colpo si era chiarito.
«Si, amore, sono ancora qui in ospedale da lui. Ne ho ancora per un’ora, poi sarò da te!» Aveva detto la donna rispondendo al telefono, aggiungendo:
«… dai non essere ridicolo! Geloso di chi? Di questa larva umana?» Aveva cinguettato dolce.
La rabbia aveva invaso James scuotendolo come una scarica elettrica. Quella che era stata una semplice sensazione, ora si stava dimostrando realtà: riusciva a muoversi.
Aveva dovuto aspettare solo qualche giorno. Aveva atteso che lei fosse entrata nella camera e che come sempre avesse chiuso la porta. Poi si era alzato di scatto, mentre lei impallidendo lasciava cadere la borsa. Elena come se avesse visto un fantasma, era rimasta immobile senza parlare, quando il marito le aveva messo le mani al collo stringendo sempre più forte. Era caduta a terra priva di vita, con l’espressione di sorpresa stampata per sempre sul volto.
Senza perdere tempo, James era tornato a letto. Immobile con gli occhi semichiusi a fissare il soffitto.
«È ancora presto per svegliarmi. Prima o poi però, un miracolo potrà capitare nella stanza 27.»
giovedì 11 marzo 2010
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