giovedì 11 marzo 2010

sangue chiaro

sangue chiaro

«Odio le costrizioni.»
«Che ne sanno, loro, i dottori di cosa voglio, cosa provo, cosa sente il mio corpo stanco...»
«Per loro io sono solo un caso da studiare. La tesi di laurea del prossimo figlio di papà, pronto laurearsi in medicina con il massimo dei voti.»
Il dramma di Tom era cominciato sei mesi addietro, nel momento stesso in cui si era dovuto sottoporre alle analisi del sangue dopo un meeting d’atletica.
L’infermiera che lo aveva bucato per il prelievo, era ormai stanca, ma era quasi svenuta quando, invece del solito liquido rosso scuro aveva estratto dalla sua pelle una sostanza trasparente come l’acqua. Aveva insistito incredula, a bucare il braccio del ragazzo fino a quando si era dovuta arrendere all’evidenza. Quel giovane nel quale la federazione sportiva riponeva tantissime speranze, aveva il sangue incolore.
La notizia aveva fatto il giro del centro sportivo, offuscando per un attimo le prestazioni sportive del ragazzo, che a sedici anni, aveva abbassato di 4/10 il record mondiale dei 100 metri.
Lo avevano sottoposto ad ogni genere di test, alla ricerca di una spiegazione scientifica. Tom si era dovuto rassegnare ad eseguire ogni tipo di test attitudinale, ed a subire i più invasivi e fastidiosi controlli medici.
Con lo scopo di studiarne lo strano caso, il giovane, era stato imprigionato in un centro di medicina sportiva a completa disposizione di un team di biologi.
“Ancora un paio di giorni, poi potrai tornare a correre in pista!” Gli aveva assicurato Joan, la più giovane tra le dottoresse che lo aveva preso in consegna: ma da allora erano passate sei settimane, e si trovava ancora lì.
La sua famiglia, che all’inizio aveva spinto perché fosse lasciato libero, aveva cambiato atteggiamento, di fronte alla generosa offerta economica della federazione sportiva, ed ora gli raccomandava di aspettare e di portare pazienza.
«Domani mattina voglio tornare a casa!» Affermò deciso il ragazzo rivolgendosi al dottore che dopo la solita visita, stava prendendo appunti sul proprio notes.
«No, non si può!» Rispose il medico alzando lo sguardo sopra il blocco ed aggiungendo: «Domani verrà a visitarti il dottor Frietz. Vuole verificare una sua teoria sulla correlazione tra il colore del sangue e…»
Il medico aveva continuato a parlare, ma Tom aveva subito smesso di ascoltare. Era inutile parlare con lui. Questa sera avrebbe chiesto alla madre di poter uscire e di aiutarlo a mandare al diavolo, tutti gli esperimenti cui era sottoposto.
«Suvvia Tom, devi avere ancora un po’ di pazienza. Ci hanno assicurato che nel giro di un paio di settimane, sarai dimesso e che…»
«Mamma io non ne posso più di stare qui dentro a fare il fenomeno da baraccone.» Aveva replicato lui con i lucciconi agli occhi.
«Stai tranquillo. Ormai hanno quasi finito di studiarti. Ancora quindici giorni, poi potrai uscire, in tempo per partecipare ai trias di Chicago.»
«Io non voglio più correre! Voglio solo tornare a casa.»
«Non vuoi più correre?! Non dire assurdità, tu diventerai l’atleta più grande di tutti i tempi, vincerai le olimpiadi a mani basse…»
«Non m’interessano le olimpiadi!»
«Dio ti ha dato un dono incredibile. Tu hai il dovere di sfruttarlo fino in fondo e di…» La donna si bloccò un momento permettendogli di interrompere.
«Di guadagnare altri soldi.»
«Beh, si! Lo sai anche tu che non abbiamo mai navigato nell’oro. Tuo padre ed io abbiamo sempre fatto di tutto per te ed è la prima volta che ti chiediamo di fare qualcosa per noi.»
Tom non aggiunse altro e sembrò rassegnarsi. Salutò la madre e si sdraiò sul lettino voltando la schiena alla telecamera che lo riprendeva giorno e notte. Sfilò da sotto il cuscino, una lametta, e senza esitare si recise le vene. Il sangue chiaro come l’acqua sgorgò lentamente bagnando le lenzuola. Attese alcuni minuti, poi con le ultime forze rimaste si voltò e rivolse i polsi tagliati verso la telecamera.
Immediatamente, una sirena diede l’allarme e riuscì a sentire avvicinarsi i passi dei medici di servizio.
«E adesso, fatemi una trasfusione.»

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