Il gioco del due ha differenti momenti e si può dividere principalmente in due (ma va?) fasi:
- la chiamata (o contrattazione).
- La partita.
La chiamata:
La chiamata è la fase iniziale della partita, ed avviene subito dopo la distribuzione delle carte. Dopo la solita trita e ritrita sequenza di lamentele per le carte ricevute si parte con la richiesta delle stesse. È durante questa fase concitata (non sempre) che ha libero sfogo una strana forma di regressione infantile. Nelle colonne sottostanti riporto una chiamata standard, ed a fianco degli esempi di come sia eseguita quella al nostro tavolo.
Negli ultimi tempi, ha preso sempre più spazio l’uso di chiamare Donusell al posto della donna. La parola Donusell, analizzata dai nostri esperti è stata equiparata a Don Usell: il nome di un fantomatico sacerdote di una chiesetta di periferia. L’elaborazione di questa nuova figura ha portato la fervida fantasia di alcuni giocatori ad immaginare il rientro del prete dopo una breve assenza dal paesino. L’intonazione dei fedeli: «bentornato Don Usell!!!» accompagna regolarmente questa chiamata.
Una volta definita finalmente dopo aspra contesa, la carta dovrà essere scelto il seme, e qui la regressione continua.
Picche.
“Bastoni!” afferma sicuro di se il comandante.
“Che cosa è bastoni.” Si sente in dovere di chiedere uno dei contendenti.
Oh, saranno almeno dieci anni che la stessa scena si ripete, ed ogni volta si ha l’impressione che sia vera.
Un altro modo di definire picche, è Gegè; con chiara allusione alle dimensioni ciclopiche dell’attrezzo di cui era (ed è ancora) fornito tale Gegè, al secolo Ivan che è stato uno dei frequentatori dei tavoli del due. Normalmente, all’atto della definizione viene unito il braccio levato, non per un improbabile rigurgito del saluto alla romana di fascistica memoria, quanto per rendere più esplicita la prominenza spiegata poco fa.
Deve anche essere ricordato che per una breve parentesi (per fortuna) il due di picche fu definito: “la merda secca.” (boh!)
Quadri.
Alla dichiarazione quadri, segue immancabilmente la frase:
Nel bosco ci sono…
I ladri! Ma non solo, farabutti, stupratori, figli di puttana, rapinatori eccetera. Insomma tutto quello che potrebbe dare pensare ad un boschetto decisamente mal frequentato.
Cuori.
Si indica di solito battendosi il petto in prossimità dell’organo che da il nome al seme.
È stato provato con scarso successo di copiare per cuori quello che succede con picche, ma “coppe” ha riscosso molto meno successo.
Fiori.
Viene dichiarato mimando il gesto di cogliere un incolpevole fiorellino dal centro del tavolo.
La partita:
Rrullino i tamburi! Dopo tanto parlare, finalmente è giunto il momento di calare le carte. Una partita, dopo avere definito i ruoli (nel cap precedente) si compone di tante giocate. Eccole:
Lo strozzo.
Si tratta del fiore all’occhiello dell’intero gioco. Basti guardare l’aria di consumata soddisfazione e superiorità con cui, un giocatore esibisce la sua carta, normalmente un carico, con cui riesce a fare sua la mano. Normalmente i punti di strozzo, sono come un calcio nelle palle del comandante che vede così, gli avversari riuscire a mettere insieme un bel gruzzoletto, senza spendere la minima briscola. L’unica cosa che gli resta è sperare che sia stato proprio il suo socio, il giocatore cui è riuscita l’impresa. Solo ai fortunati, però va in questo modo. Di solito, succede che il compagno non ha voluto buttare la briscola per non farsi beccare, o peggio che mai, aveva già giocato prima del comandante.
Lo strozzo da parte di chi chiama invece, è quasi metà vittoria ed aiuta ad abbattere il morale degli avversari.
Questa giocata poi, diviene fondamentale in ultima mano qualora ci sia stata bagarre durante la partita e si siano consumate tutte le nove briscole a disposizione. La fortuna e la presenza di un carico del seme giusto segna la differenza tra vittoria e sconfitta.
Ul caric bergamasc.
Spesso sono snobbate, considerate poco importanti, ma anche le figure hanno un loro scopo nell’economia del gioco. Si deve sempre considerare che sui 120 punti a disposizione, 84 sono da attribuirsi ai carichi, ma ben 36 (il 30%) sono quelli che sono disponibili tramite le figure. Fante, Donna e Re contribuiscono (anche quando non di briscola) a rimpinguare il bottino di una partita.
Nelle partite tirate, quando si riesce ad impattare il numero dei carichi e la vittoria si decide per qualche misero punto, l’importanza di un re invece di una donna, diviene quindi rilevante.
Per questo motivo l’accumulo di figure, specialmente in prima mano, e che prende il nome di carico bergamasco, diviene importante. Esso viene creato, specie nelle mani in cui chi chiama è ultimo a giocare, dalla generosità spicciola degli avversari che tentano di “pasturare” il comandante in modo da farlo abboccare ed andare in presa. Ovviamente, il comandante contando i punti dell’obolo saprà valutare i pro (punti del carico bergamasco) ed i contro (partire per primo la mano seguente) e decidere il da farsi.
Un carico bergamasco si ottiene quando la somma dei punti delle figure sul tavolo raggiunge almeno dieci punti. Ma anche bottini di otto, nove punti pur non ottenendo il diritto di poter usufruire di questo appellativo, non sono certo da sottovalutare.
Ul “stopacü
Risalente all’epoca d’oro dell’impero romano, questa giocata, la cui paternità viene accreditata nientemeno che a Seneca, consiste nel calare il briscolino di rinterzo, più comunemente chiamato “Stopacü.” Essa è di sicuro una delle giocate che ancora oggi caratterizzano l’intero gioco del due.
Di facile intuizione, lo stopacü rientra quasi in ogni partita e molto spesso può rivelarsi un’arma micidialmente vincente.
Fastidioso come un grosso dito bitorzoluto, sporco di sabbia, infilato su per l’ano con perfida lentezza e senza preventiva lubrificazione, questo semplice trucco è atto a mettere in difficoltà il comandante. Il suo scopo è quello di mettere fin dall’inizio chi chiama di fronte al dilemma:
“prendo o rischio di fargli fare qualche carico?”
insinuando nella sua testa fin da subito la paura di perdere punti importanti per il conseguimento della vittoria.
Un perfetto Stopacü si ottiene giocando una briscola di piccola fattura, di solito un due, un quattro o un cinque, quando il comandante è ultimo a giocare rovinandogli l’eventuale strozzo e di conseguenza anche l’umore. Perfetta è la manovra quando prima di calare la briscola con un gesto più o meno spettacolare, sul tavolo ci sono una decina di punti. La briscola di rinterzo può essere giocata anche in altre occasioni, magari quando il comandante è penultimo a giocare; ed in questo caso, diventa ancora più difficile da gestire. Il comandante sa che nel caso la lasciasse passare, il giocatore subito dopo di lui ne potrebbe approfittare per regalare un carico all’avversario, compromettendo almeno in parte le sue possibilità di vittoria.
L’inusuale nome della giocata, ha delle origini lontane e difficilmente rintracciabili. Una abbastanza autorevole vuole che sia stata coniata proprio dallo stesso Seneca, e che poi, con il tempo la pronuncia sia stata sostituita da una un po’ meno romanesca.

Seneca, l’inventore dello Stopacü.
«… e con questa te stoppo er culo!» o ancora, da questo dialogo tratto da una partita del nostro campione contro il suo sanguinario imperatore:
«Questa mo te ‘ngorfa.»
«Me ingorfa? E che vor dì?»
«Vor dì che è come si te metti un limone verde in der culo. Provati poi a vedè si nun te se stoppa.»
Sorprende poi, il fatto che magari ci si meravigli, se l’irascibile Nerone abbia deciso di fare suicidare il suo fido consigliere, ed in un momento di incazzatura per l’ennesima sconfitta si sia lasciato andare un po’ dando fuoco all’intera città.
Ripreso più avanti da ogni abile giocatore di due, questo accorgimento trova citazioni anche in altri periodi storici.
Celebre è, infatti, l’Ass blocked con il quale il fido Parsifal, si divertiva a mettere in difficoltà il mitico re Artù nella grande Camelot, durante le partite del torneo della Tavola Rotonda.
Il saggio regnante, ogni qualvolta veniva messo in difficoltà da questa giocata, si riservava di chiudersi nel suo studio a ponderare quale fosse la tattica più appropriata prima di calare la carta. Lui avrebbe preteso come da sua abitudine, di poter discutere con i suoi cavalieri, il da farsi. Ma essendone impossibilitato dal ferreo regolamento, si doveva limitare a rinchiudersi nello studio a riflettere per lunghe ore. I soliti bene informati (e sì, la mamma dei pettegoli è come quella dei rompicoglioni: sempre incinta) assicurano che dietro le giocate di Parsifal, null’altro ci fosse che il sapiente consiglio di messer Lancillotto. Il quale, approfittando delle lunghe soste del suo Re si recava a fare visita a lady Ginevra, ingroppandosela di gusto sicuro di non essere scoperto.
Altrettanto famoso è il ﭏﭖהּנּ צּקּקּשּאָאַ inventato dal feroce Saladino in occasione dei campionati mondiali organizzati a Gerusalemme in occasione delle Grandi Crociate.
Dopo essersi qualificato senza fatica vincendo il gruppo asiatico, ed aver eliminato con questa innovativa tattica i Franchi di Zinedine Zidane; Salah al-Din Yusuf ibn Ayyub detto il Saladino (dai, è un po’ come Edson Arantes do Nascimento che è diventato per tutti Pelè) si dovette accontentare di un pareggio con gli inglesi di Riccardo I Cuor di Leone e Davidino Beckham, dai quali è stato poi eliminato solo ai calci di rigore. Il Ringhio Gattuso della valle del Nilo oltre aver ottenuto con merito il diploma di miglior giocatore del torneo, si era ingegnato per cercare di brevettare la sua invenzione. Purtroppo per lui però, il famoso ladro di Bagdad, per ordine di tale Saddam Ussein, gli aveva sottratto il segreto rendendolo di pubblico dominio.
In tempi più recenti, il pluricampione del mondo di briscola a chiamata, Cagnolati Daniele ha voluto dedicare a questa nobile e storica tattica di gioco un capitolo del suo più celebre postulato sul gioco:
“IL DUE COME, QUANDO E PERCHÈ ”
Il fuoriclasse nella stesura del suo dodicesimo testo, ha esaminato le differenze del gioco all’italiana, con quello appreso durante un suo viaggio in Galles dove ha potuto sperimentare sul campo, la differente filosofia di vita che si rispecchia anche sul tavolo verde.
“ricordo che nelle prime partite, ogni qual volta mi capitava di calare lo stopacü, un coro stupito accompagnava la mia giocata ed alla fine della mano, un applauso scrosciante manifestava l’apprezzamento per essa. Credo che tanta ammirazione fosse più che altro dovuta alla novità ed alla fantasia dell’idea. Una innovazione per il gioco fisico e tradizionale, così tipico per gli anglosassoni, alla quale però pubblico ed addetti ai lavori, non potevano esimersi all’esprimere apprezzamento. Alla fine del mio vittorioso torneo, ricordo che fui avvicinato dall’allora presidente della federazione gallese, Mr. Ian Rush che senza giri di parole mi offrì la possibilità di allenare la loro compagine nazionale. Fui onorato della proposta, anche se per motivi di sponsorizzazione (io sono da sempre legato alla Modiano, la federazione gallese alla Dal Negro) dovetti declinare l’invito e rifiutare.
È uno dei ricordi più felici della mia sfolgorante carriera. Mi fece moltissimo piacere vedere la gente riconoscente per i miei insegnamenti, applaudirmi, malgrado avessi eliminato uno alla volta, tutti i beniamini di casa.
Il dieci volte iridato, ha approfondito il tema aggiungendo anche una sua nuova teoria, sul:
“QUANDO LO STOPACÜ DIVENTA UNA SPORCA.”
Ma questa è un’altra storia e verrà analizzata più avanti.
Fas capè ma daghel!
Giocata meno celebre delle precedenti, che implica per essere sostenuta un enorme background, unita ad una buona dose di coraggio. È la giocata classica di un socio, che di fronte alla evidente possibilità di non smascherarsi rende palese la sua posizione allungando un carico al comandante. Si tratta di una semplice giocata che, però può condizionare tutto l’andamento della partita. È anche, ahimè uno dei principali errori in cui chi si accosta per le prime volte a questa nobile arte rischia di commettere. Il FCMD, (abbreviazione della mossa in oggetto,) è anche funzione della personalità del singolo giocatore. Ad esempio ad uno spavaldo, riesce meglio, in quanto, pur di dimostrare la propria appartenenza ad una o all’altra fazione esso non esita a mostrarsi. Di animo più riservato (e normalmente un tantino più bastardello,) il giocatore scaltro invece, ricorre a questa giocata solo in casi di emergenza, sperando che continuando a celarsi, gli capiti l’occasione per fregare tutti. Esiste poi il giocatore ostinato che pur di nascondersi, preferisce tenersi tutti i carichi in mano ed arrivare in fondo alla partita con essi. Questa tipologia di giocatori, condizionata dal carattere troppo timido, è di gran lunga la peggiore, in quanto non riesce a fare capire nulla a nessuno meno che mai al comandante.
Anche in questo caso esistono diverse tipologie di FCMD. Le elenchiamo di seguito:
- FCMD costretta o di convenienza: quando pur non disponendo di buone briscole, si possiedono dei carichi e si ha la possibilità di raddoppiare con uno di questi, la giocata di un avversario, qualora il comandante non abbia ancora giocato.
- FCMD di potenza: quando si ha la possibilità di caricare il comandante, lanciando a lui ed a tutti, un messaggio preciso: “sono forte! Quello che ti manca ce l’ho io.” Essa può per ovvie ragioni essere effettuata sia prima, sia dopo la giocata del comandante ed implica forte sicurezza nei propri mezzi. Va da se, infatti, che di fronte a tale giocata, solitamente eseguita con tracotanza, il comandante abbia ragione di sentirsi al sicuro e che, facendola ci si assume la responsabilità di coprirgli le spalle.
- FCMD da rebambì: quando nonostante la pochezza delle proprie carte, non si resiste alla tentazione di caricare il comandante e di esporsi. In questo caso quando lui, credendovi forte uscirà di carico e vi vedrà calare un piccolo briscolino. Egli avrà l’autorizzazione ad incazzarsi ed a rivolgersi al socio con il vezzeggiativo che da il nome alla giocata.
- FCMD da canèla: quando, nonostante la pochezza delle proprie carte, si gioca l’unico carico a disposizione per obbligare il comandante ad andare in presa. Quando poi nella mano seguente, gli altri faranno una mano ricca e voi calerete la vostra piccolissima briscola o una semplice pelle, vi spetterà di diritto il titolo poco nobiliare che da il nome alla giocata.
- FCMD da sfiga: quando il socio carica sentendosi forte ma è incappato nel comandante che aveva chiamato per abbassare ed è rimasto fregato. In questo caso, potrebbe essere il socio a risollevare le sorti della partita ed eventualmente a muovere qualche rimostranza verso il chiamante.
Non potevano esimersi anche in questo caso alcuni ricorsi storici: i più eclatanti, sono datati intorno al 1940, il perido del secondo conflitto mondiale. Durante il torneo Libico, lo squadrone italiano comandato da Graziani (non l’allenatore del Cervia) alleato al Feldmaresciallo Rommel, detto la volpe del deserto, (da non confondere con la volpe dei Carpazi che sarebbe arrivata al gioco qualche decennio più tardi.) giocò un carico proprio prima del comandante. Invitato a nozze, il tedesco al grido di Heil Hitler, prese con l’asso di briscola. Poi con la violenza di cui era un profondo estimatore giocò un carico subito imitato da Montgomery. Carico anche da parte del generale russo triplicato da quello americano. A questo punto Rommel sicuro della forza dell’alleato emise un mugolio di piacere che gli si spense in gola quando si accorse che Graziani disponeva solo di un sei.
«Kopf von schleppe mir, was Sie bilden?» Esclamò arrabbiatissima la volpe del deserto preparandosi alla disfatta. Il traduttore simultaneo senza alcuna pietà rese partecipe il generale italiano del pensiero del comandante:
«Testa di cazzo, che cosa stai facendo?»
Da dietro intanto, il Negus Menelik con un bianchissimo sorriso, mostrò a tutti il suo tre di picche che gli permise di raccogliere una posta che valeva la bellezza di cinquanta due punti, i quali, sommati allo strozzo da undici della prima mano, significavano la vittoria della partita.
Italia e Germania furono estromesse dalla competizione ed entrambe, videro calare notevolmente le loro posizioni nel ranking annuale della Fifa. Precipitando dopo il processo di Norimberga in posizioni di classifica preoccupanti.
Situazione simile, si era verificata qualche decennio prima, in territorio nord americano, per la precisione in prossimità del fiume Little Big Horn. In quella occasione il Generale George Armstrong Custer, comandante di tante battaglie e per l’occasione semplice socio si era buttato a capofitto nella sua partita forte delle sue briscole. Incurante del fatto che il comandante avesse chiamato molte altre briscole prima di trovare lui, Custer puntò con decisione contro gli avversari. Purtroppo per lui, il comandante non fu in grado di aiutarlo e si ritrovò in mezzo tra i colpi degli Arrapaho, dei Cheyenne e dei Sioux Lakota che lo ridussero come un colabrodo. La stella nascente dell’A.T.L. (American Two League) fu sconfitto in tutti i sensi e lasciò lo scettro di miglior giocatore al suo avversario, tale Sitting Bull.

Last Custer’s shirt. (la storica maglietta del generale Custer alla fine della partita.)
La sporca
Si tratta di una giocata infame, atta a fottere (fregare non rende abbastanza l’idea, gli avversari). Questo gioco, consiste nell’indurre gli avversari a credere di non essere il socio ed a convincerli a mettere dei carichi sulla tua briscolina opportunamente giocata di rinterzo.
Con ogni probabilità, anche questa tattica ha origini antichissime: lo stesso Seneca ne parla in uno dei suoi trattati nel suo “Magicus II,” una raccolta di pensieri sul suo gioco di carte preferito. Citiamo alcuni passi opportunamente tradotti dal latino:
“… e sfruttando la mia solita attitudine a mettere la briscola prima del comandante, si potrebbe riceverne benefici. Il senatore Simplicio, qualora l’imperatore lasciasse passare la mia piccola briscola, mi darebbe un carico da X punti. Io non ho avuto modo di provarla mai, allorché, qualora Nerone avesse sprecato una briscola per mangiare la mia, di sicuro mi avrebbe trasformato in una bistecca per i suoi leoni.”
La sporca ha il pregio di mettere ancora più in difficoltà il comandante. È una variazione spuria dello stopacü, che a differenza della precedente tende a portargli punti, ma comporta il rischio di fare sprecare una briscola. Anche in questo caso esistono diverse versioni della sporca, che ci accingiamo a spiegare:
- Sporca classica: prevede la giocata di una briscolina del socio subito prima del comandante, quando dopo di esso ci sono ancora dei giocatori (almeno due) che attendono il turno.
- Sporca estrema: prevede la giocata di un carico di strozzo, cercando di fregare l’avversario e di farsi dare anche da esso dei punti. È la mossa estrema di un compagno disperato che non ha altre alternative e prova in quel modo a volgere a suo favore la partita.
- Sporca bastarda: prevede che il socio giochi una briscolina davanti al comandante, quando dopo di esso deve giocare solo un concorrente. In questo caso, la sporca prende il nome di bastarda, perché il socio con la sua giocata si accanisce contro il singolo giocatore.
- Sporca bastarda assassina: quando indipendentemente da quanti devono ancora giocare, il socio cala il briscolino, ammiccando verso gli altri giocatori o accompagnando la giocata con frasi false e tendenziose ( … a meti un stopacü) con l’intenzione di condizionare la generosità degli avversari.
- Sporca imbecille di primo grado: quando il socio, pur sapendo che il comandante è ultimo di mazzo, mette la briscola, rovinandogli lo strozzo. (legittimando di conseguenza, il giusto rimprovero da parte di quest’ultimo.)
- Sporca imbecille di secondo grado: quando il socio, con il chiaro intento di tentare la sporca si lascia prendere la mano e cala per errore la carta che è stata chiamata.
- Sporca imbecille di terzo grado: come la precedente, ma giocata subito prima del comandante, ultimo di mazzo.
Una delle occasioni in cui si verificò una delle sporche più celebri, fu in occasione del derby romano che per l’occasione si era giocato invece che all’Olimpico squalificato per tre turni, al teatro Pompeo. L’incontro si era giocato a porte chiuse a causa della monetina che aveva ferito alla testa l’arbitro Frieske ed era stato posticipato alle idi di marzo.
La punta della squadra capitolina, Giulio Cesare stava aspettando di chiudere l’offensiva della SPQR Aquilotti Lazio e poteva contare sull’appoggio che il fido Caio Bruto gli stava fornendo. Il figlio adottivo gli giocò una sporca bastarda di terzo livello che lo obbligò a rimanere primo.
«Tu quoque, Brute, fili mi!» Versione in latino delle parole di Giulio Cesare.
«Anche tu, Bruto, figlio mio!» Traduzione dal latino delle parole di Giulio Cesare.
«A ‘nfamone, Brutto, fijo de ‘na mignotta!» Quello che Cesare aveva pensato all’atto di giocare la carta, che come si aspettava lo avrebbe costretto a perdere.
La storia ci racconta come finì la partita: derby alla Lazio, contestazione dei tifosi, conseguente esonero di Giulio Cesare dalla carica di allenatore e squadra affidata all’allenatore in seconda Cesare Augusto.
Molto più recente ed indecente anche la sporca giocata, da tale Luis Nazario da Lima al secolo Ronaldo nei confronti del principale Dr. Massimo Moratti. Solo la indiscutibile classe del presidente, gli impedì quella volta di esprimere il suo rammarico in maniera colorita per lo sgarbo del suo figlioccio.
«Mi dispiace che sia andata a finire così. Auguro comunque buona fortuna al giocatore ed alla sua nuova squadra.» Si era limitato a dire l’uomo.
«Spero che ti mollino entrambe le ginocchia, testa di cazzo di un brasiliano di merda. Mi auguro che Goicoechea riprenda a giocare e che ti faccia lo stesso servizio che ha riservato a Maradona!» Quello che avrebbe dovuto dire.
Il carico dopo il comandante:
Questa giocata fa parte dei rudimenti tipici del nostro sport. Non saperla praticare, sarebbe l’equivalente di pretendere di giocare nel Milan o nell’Inter e non saper eseguire più di tre palleggi. Essa consiste nella capacità di liberarsi di un carico subito dopo la giocata del comandante ed ha molteplici significati. Il primo tra tutti, è quello di dare un’identità al proprio gioco, ossia affermare, senza dirlo:
“io non sono con quel fetecchione che ha chiamato!”
Spesso, la mancata calata di un carico o di punti, da parte del primo giocatore dopo il comandate, porta a spiacevoli equivoci, come ad esempio la possibilità di essere tacciati per il socio e condizionare in quel modo, l’esito della partita. La giocata per essere efficace di solito, (il solito è d’obbligo, in quanto nel due, ogni partita è a se: unica ed irripetibile) dovrebbe essere giocata non appena il comandante stesso è andato in presa. In quel caso, chi sacrifica i propri punti ha la maggior possibilità di vedere il proprio sforzo, raccolto dai suoi compagni.
Non si tratta di una mossa particolarmente spettacolare, ma di solito viene eseguita in maniera abbastanza corretta da individui con due caratteristiche particolari: la lungimiranza e la fiducia nei compagni.
Lungimiranza, per cercare in quel modo, non solo di fornire punti alla propria causa, ma anche per poter poi raccogliere con le proprie eventuali briscole qualche punto. Una cosa, che non schierandosi apertamente, sarebbe difficilmente possibile in quella posizione di gioco. Fiducia nei compagni, per cercare con i punti gettati allo sbaraglio di fornire un contributo alla causa.
Anche questa giocata ha le sue varianti e le sue insidie:
- carico di seme diverso dalla carta del comandante: è la giocata più classica possibile. Con quella si certifica (salvo rari casi) la propria appartenenza agli oppositori.
- Carico di strozzo: è molto simile alla precedente, ma sottintende la possibilità qualora il socio e nessun altro giochi la briscola di portarsi a casa la posta. In qualche raro caso, e sempre eseguito con il carico da 11 punti (asso) questa mossa è stata tentata dallo stesso socio, quando disperato per la pochezza delle proprie carte, , o da altri motivi contingenti (possesso di molti altri carichi) fa un folle tentativo di imbrogliare tutti.
- Calata di un Re: giocata che si presta a diverse interpretazioni. La più facile è la mancanza di carichi, la seconda come tentativo del socio in difficoltà di limitare i danni.
- Calata della donna: identica alla prima, ma con ancora più sospetto di essere la mossa disperata del socio.
- Calata del fante: identica alle precedenti, ma che puzza come un chilo di gorgonzola andato a male.
La giocata è stata considerata abbastanza volgare dal nostro esperto campione, che nel suo illuminato testo:
“A BRACCETTO CON IL SIGNOR DUE.”
ne ha stroncato l’importanza.
Cagnolati, infatti, ritiene questa tattica (lui non vuole che venga definita così) una logica conseguenza che non fornisce valore aggiunto al gioco del due. Egli sostiene, e ci tiene a ribadirlo che questa fa parte del vecchio modo di interpretare le partite, e non esita a considerarlo un (sono parole sue)
“modo di giocare alla viva il parroco.”
Certo, aspettarsi che un luminare come lui, esperto di tattiche come il “Due Totale all’olandese” e soprattutto della sottile arte del mimetismo del socio, potesse in questi anni sentirsi appagato da questo genere di mosse, sarebbe un eufemismo. Sarebbe credibile come lo sarebbe vedere Mike Tyson presentarsi sul ring in minigonna e ciglia lunghissime cariche di mascara, oppure Elton John, con Jeans, T-shirt bianca con pacchetto di sigarette nascosto sotto la manica corta della maglietta e stuzzicadenti in bocca.
Certo è, che colui che per primo è riuscito a vincere per sei volte consecutive la maglia iridata di campione del mondo, stupendo ogni volta per l’originalità del suo stile di gioco, non lo ha mandato a dire:
“il carico giocato subito dopo il comandante è una delle mosse più antiquate del nostro gioco. Lo lascio ai Trapattoniani. Io sono per un gioco diverso fantasioso, mimetico. Un gioco dove il numero 10, è ancora il giocatore con i piedi più buoni, ed è quello che può fare la differenza in qualsiasi momento della partita.”
L’invito:
Credo che uno dei mali peggiori che affliggono l’umanità, derivi da questa nuova regola aggiunta a quelle canoniche del due. Sono altresì convinto che questa sia la causa principale del buco dell’ozono, dell’inquinamento del fiume Lambro che passa a pochi metri da casa mia e che abbia fatto più danni della fuga radioattiva della centrale atomica di Cernobyl.
Importato parecchi anni addietro da Adamino, che lo aveva appreso durante uno dei suoi tornei alla IBM TWO League, l’invito è piano entrato di diritto nel regolamento del gioco, contribuendo a rendere più complesse le tattiche e lo svolgimento delle partite. Metabolizzare e fare propria questa nuova regola non è stato semplicissimo, anche se ora, dopo anni di tentativi e di relative mazzate sembra abbastanza chiaro a tutti il meccanismo.
Lo scopo principe dell’invito, e quello di dare la possibilità a chi ha delle buone carte, accompagnate però, dal due dello stesse seme, di non vedere sprecato tutto quel ben di Dio di cui dispone. Essendo difficile (specie nelle partite a sei giocatori) vincere chiamandosi in casa, si dà la possibilità a chiunque abbia un po’ di intuito, di coraggio e di tanto, ma tanto culo, di chiamare e di provare la lotteria dell’invito.
La partita che ne consegue, è decisamente anomala, perché se chi chiama è già abbastanza forte di suo e trova il giusto invito, metterebbe gli avversari in condizione di assoluta inferiorità. Essi, rischierebbero, infatti, di trovarsi a giocare contro due comandanti. Mi rendo conto che non mi sto spiegando troppo bene, infatti, non a caso ci sono voluti mesi, per qualcuno anni, prima di fare suo il concetto.
Faccio qualche esempio: Se un giocatore dispone di due, re e tre di coppe e chiama il cinque invito, vuole fare sapere agli avversari che dispone di un due “accompagnato” da buone carte. Uno degli avversari, provando a beccare quest’imboccamento, disponendo di asse e fante dello stesso seme, chiamando si assicurerebbe la vittoria a mani basse.
Non ci avete capito niente? Tant’è!
Pensate invece al secondo giocatore che cercando l’invito con asse e fante di picche, invece di trovare due, re e tre si beccasse il due “pelato.” Avrebbe perso prima ancora di giocare.
Esistono anche per questa regola del due moderno, diversi tipi di invito:
- Invito inarrivabile: quando si dispone di asse, tre e re (anche le prime due bastano di solito per rendere un invito difficile da chiamare.) Bisognerebbe trovare qualcuno che disponga di tutti e tre gli altri due e di almeno un paio di figure relative all’altro seme.
- Invito buono: due, fante e tre (il tre accompagnato da una figura, o tutte e tre le figure)
- invito medio: due, sei, sette ed una figura, possibilmente il re (qualora ci fosse il tre, l’invito diverrebbe buono.)
- Invito facilitato: due, cinque e sei e tre. ( in questo caso chiamando il sette ad invito si darebbero agli avversari molte informazioni in più per la definizione dell’invito.)
- Invito del cazzo: due, sei e sette. Con un invito come questo si va incontro a brutte figure ed alla ira funesta del comandante quando avrete giocato tutte le carte.
- Invito da Canèla: qualunque forma di invito, anche bellissimo, eseguito possedendo un altro due tra le sei carte della mano. Il rischio che il comandante possa chiamare il due “pelato” invece che quello desiderato è troppo alto ed autorizza il comandante, chiunque esso sia, a definirvi con il nome che accompagna questa chiamata.
L’invito, è una deformazione che è stata accettata e che spesso, molto spesso distorce il vero senso del gioco. Ma questo, lo abbiamo già visto in opportuna sede tra le varie regole.
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