Dalla Genesi alla mitologia:
Abbiamo parlato nei capitoli precedenti, delle origini del nostro gioco, ed abbiamo divagato un poco soffermandoci a descrivere qualche momento storico che ne ha caratterizzato l’evoluzione. In questo capitolo invece, vedremo due cose importanti. Vedremo come la storia del due e la sua genesi si siano mischiate addirittura con la mitologia, e soprattutto conosceremo uno dei padri fondatori della briscola chiamata che ha deliziato con la sua presenza anche la nostra società. Lo avrete già compreso, sto accingendomi a raccontare la storia del mitologico Angiolino, e di come si arrivò a definirlo un vero “animale da due.”
Il nostro mitologico eroe del passato, ha conosciuto momenti di assoluto splendore, alternati con altri periodi di anonimato che ne hanno con il tempo forgiato il carattere.
Le prime notizie di lui riconducono alla biblica città di Sodoma. In quel tempo, le città di Sodoma e Gomorra erano afflitte da ogni tipo di depravazione e di efferatezza e Dio stanco per il comportamento degli umani ed anche si vocifera a causa delle continue lamentele della buon costume, aveva deciso di dare a tutti una solenne lezione. Una di quelle, che avrebbe di sicuro lasciato il segno.
Chiamò a se gli arcangeli Gabriele e Michele e ordinò loro di fare un salto laggiù per valutare la situazione e di fargli un rapportino dettagliato.
Quello che trovarono i due alati inviati fu una situazione di assoluto degrado. La lussuria e la sodomia avevano preso ormai il sopravvento su tutte le altre ragioni, non vi era più alcuno in grado di sottrarvisi e quindi meritevole di essere salvato. Tra gli abitanti di Sodoma, Angiolino trascorreva la sua gioventù adeguandosi alla moda corrente, non esimendosi dall’offrire (in ogni senso) le terga a chiunque ritenesse interessante approfittarne.
I due arcangeli, dopo aver visionato Gomorra ed aver deciso che in quella città non vi era nessuno degno di essere salvato, si recarono anche alla seconda località per completare il loro rapporto. Lo fecero naturalmente assumendo sembianze umane, rendendo pertanto invisibili le loro estremità alate.
Lo stato di degrado di Sodoma era assoluto. La gente camminava per le strade facendo bene attenzione a mantenere la schiena il più possibile aderente alle mura per paura che qualcuno potesse giungere da dietro ed approfittarne. Presto i due inviati dal Signore, si resero conto della pesantezza dell’aria e della situazione di pericolo e trovarono ricovero nella casa di Lot, un onesto cittadino che avendoli riconosciuti non aveva esitato ad ospitarli nella sua casa ed a sottrarli agli altri abitanti. Non fu sufficiente. Di notte una folla si accalcò davanti alla casa di Lot.
«Dove sono quegli uomini che stai ospitando? Mandali fuori così che noi possiamo abusarne.»
Chiedendo a quegli uomini che rispettassero il suo tetto ed il sacro dovere dell’ospitalità, Lot offrì loro le due figlie ancora vergini, purché non toccassero i due angeli, ma gli uomini non volevano sentire ragioni e cominciarono a spingere il portone con il chiaro intento di sfondarlo. Allora, l’Arcangelo Gabriele accecò i loro occhi stravolti dalla lussuria, e… diciamolo, salvò il sedere suo e del collega. Poi, preso un enorme block notes, staccò una piuma dalle ali dell’amico e cominciò a scrivere un elenco delle persone che avrebbe voluto salvare in quella città. Scrisse il nome di Lot, della di lui moglie, delle figlie e disse loro di prepararsi a lasciare la città all’alba.
«Al nostro segnale incamminatevi su per il pendio ed abbandonate in fretta la città, perché la giustizia di Dio, questa notte rimetterà tutte le cose a posto…» raccontò loro Gabriele tenendosi stretto al petto il blocco.
«… e ricordate, nessuno di voi si volti indietro a guardare quello che sta succedendo perché solo così avrete salva la vostra vita.» Aggiunse Michele che fino a quel punto era stato ad ascoltare.
Poi, salutando i due angeli lasciarono la casa da una porticina secondaria e si avviarono verso l’uscita della città. Giunti che furono ad un paio di isolati dalla main street che li avrebbe condotti all’esterno, ebbero modo di assistere ad una scena che cambiò il corso della storia.
«Tires via da lè Bilot!» Avevano udito i due angeli ed all’unisono si erano voltati a destra. Era successo che, un nerboruto individuo in sella alla sua Suzuky 750 si era fermato, bloccato da Angiolino, il quale fermo come una statua in mezzo alla carreggiata, gli impediva di passare.
Il futuro giocatore di Due, si era bloccato, in preda ad un amletico dubbio. Si chiedeva, se sarebbe stato meglio andare a bere l’acqua della fontanella situata all’inizio del vicolo oppure, ritornare sui suoi passi e bere a quella posta alla fine della stretta via. Un colpo del potente clacson lo fece sussultare permettendo al centauro di passare, prendendolo a male parole. Ma non fu questo a colpire l’attenzione di Gabriele. Fu invece l’appellativo con il quale il conducente della motocicletta si era rivolto a lui che colpì l’Arcangelo. Quel “bilot” captato così per caso, insinuò nella mente di Gabriele un dubbio:
“Bilot! Che sia un parente stretto del povero Lot?”
Non volendo rischiare di fare eliminare un componente della sola famiglia che valeva la pena di salvare, senza indugiare oltre, l’inviato del signore aggiunse anche lui all’elenco delle persone da proteggere dalla giustizia divina. Poi, i due lo avvicinarono e gli spiegarono di prepararsi a lasciare la città.
Durante quelle spiegazioni, i due arcangeli più volte ebbero l’occasione per maledire il momento in cui avevano deciso di avvertirlo, ma alla fine con tanta pazienza e respingendo il forte desiderio di fare uno strappo alle regole e di eliminare personalmente l’individuo, riuscirono a convincerlo a mettersi in salvo.
Così, quando Gabriele poco prima dell’alba annunciò (tanto per cambiare) che era giunto il momento di partire, Lot, la moglie e le sue figlie si avviarono verso la collina, seguite a distanza da Angiolino (o il Bilot, fa lo stesso) che era stato avvertito da Michele.
Il piccolo drappello si incamminò salendo lungo l’erto percorso che li avrebbe portati in salvo. Prima di partire Gli angeli avevano spiegato loro esattamente quello che avrebbero dovuto fare e soprattutto quello che non avrebbero dovuto fare: «… camminando non voltatevi mai indietro, perché solo oltre quelle colline la punizione di Dio non vi coglierà.»
Lot aveva ribadito il concetto ai familiari e guidava il piccolo gruppo che ansimante in salita stava guadagnando la cima della collina oltre cui avrebbe raggiunto la salvezza. Poco più indietro, Angiolino che stava respirando come un mantice, decise di chiedere alla persona che lo precedeva notizie su quanto mancava. Per fortuna Lot, che aveva rallentato un po’ l’andatura, prevenne l’intenzione della moglie di voltarsi per rispondere:
«Sei pazza! Non hai sentito che cosa ha detto l’angelo? Se ti volti e guardi è cartellino rosso diretto!»
Sopra le città intanto, due colonne di fumo e zolfo stavano scendendo travolgendo e cancellando tutto al loro passaggio. Di colpo furono cancellati le città, gli abitanti sodomiti, la valle, la vegetazione e tutto quello che entrava a contatto con la colonna fumante. Era quasi finita, quando accadde l’imprevisto:
«Signova insomma! Mi potvebbe dive dove stiamo andando?» Domandò Angiolino asciugandosi la fronte con la manica della tunica.
La donna, attirata dalla femminile curiosità ma anche dalla voglia di vedere in faccia il proprietario di una voce così stupida con quella erre moscia, si volto ed… è proprio il caso di dirlo ci rimase di sale. La povera donna si trasformò di colpo in una statua di sale. Colpito dalla perfetta immobilità della signora, e credendo che questo fenomeno fosse dovuto al fatto che lei non comprendesse quello che stava chiedendogli, il bilot (Angiolino, è sempre lui) iniziò il suo personalissimo show.
«Where are you going?» Chiese sfoggiando un inglese alquanto maccheronico.
«Bonjour madame, ou’est que vous allez?»
Non ricevendo alcuna risposta, Angiolino che non conosceva altre lingue rimase ad osservare quella donna che lo stava osservando con l’aria meravigliata.
Dio dall’alto dei cieli vide la scena e fu sul punto di incenerire il ragazzo, poi decise diversamente. Un simile campione, andava tenuto da conto e conservato per togliersi qualche sassolino dalle scarpe, che per altro non portava. Decise allora di salificare lui, liberando dalla maledizione la povera donna che non aveva alcuna colpa, e che una volta tornata viva senza più girarsi, si accodò alla famiglia varcando la famosa collina.
Così Angiolino, impiegato per millenni come controfigura della moglie salificata di Lot rimase proteso come una roccia verso il deserto dove un tempo erano state costruite le due città della perdizione.
Molto tempo più tardi, Dio facendo zapping sul suo personalissimo televisore, sintonizzò la frequenza su Teleradio Monte Olimpo. Di solito su quel canale trasmettevano un reality show riguardante un nucleo di immortali che si facevano chiamare dei e che ne combinavano una più del diavolo. Oh, ce n’era proprio per tutti i gusti: dal dio del vino a quello del sesso alla dea della bellezza, che si divertivano a litigare tra loro, molto meglio di quanto avrebbero fatto centinaia di secoli più tardi i partecipanti del grande fratello.
Nostro Signore tollerava il fatto che questi strani e litigiosi individui, si spacciassero per delle divinità e che ritenessero di avere potere sulle persone che popolavano la terra, anche perché era divertito dalle trovate del leader indiscusso del gruppo. Quello Zeus, che non lesinava effetti di trasformismo pur di riuscire nel suo intento di accoppiarsi, ora con l’una ora con l’altra donna (mortale o dea che fosse). Quello che lo infastidivano erano invece, le dichiarazioni dello stesso individuo riguardo il gioco del due:
«Sono così forte che potrei giocare senza un socio o con il socio più stupido del mondo; tanto vincerei lo stesso. Sono io il vero Dio del due.»
Come si poteva permettere quel depravato essere che non aveva avuto scrupolo di trasformarsi in cigno, pur di scoparsi la povera Leda che invece, lo aveva sempre rifiutato, sostenere di essere un Dio con le carte. La prima tentazione fu quella di inviargli il solito Gabriele per sfidarlo in una partita senza precedenti. Una specie di derby tra mitologia e religione. Poi, seguitando ad ascoltare il reality si convinse che un modo più semplice per vendicare l’affronto ci sarebbe stato.
Narciso, infatti, sentì il dovere di dire la sua. Si alzò dal tavolo dove aveva appena finito di giocare e mettendosi a posto i capelli, disse:
«Sì sei bravino. Però, giocando con dei campioni come noi è difficile riuscire a dimostrare che sei il più forte. Dovresti provare a giocare con un socio decisamente stupido, magari una donna, poi vedremo se avrai voglia ancora di fare lo sbruffone.»
Zeus al quale quel suo compagno così pieno di se e sempre intento rimirarsi allo specchio stava alquanto sulle scatole, stava per rispondergli per le rime quando sul tavolo volò una mela d’oro. La Discordia, una dea brutta e cattiva che normalmente non era invitata sull’Olimpo, lo aveva gettata zittendo tutti:
«Avanti scegli tra le femmine che ci sono qua il socio più adatto a dimostrare che sei il più forte, ed allora potrai dire di essere il più grande di tutti.»
Zeus rimase sorpreso con il pomo d’oro in una mano che scintillava perfidamente. Adesso quella stronza di una dea di serie B lo aveva incastrato. Con l’accennare al fatto che il socio dovesse essere allo stesso tempo, femmina e stupida, lo aveva messo con le spalle al muro. Non che avesse dei dubbi, sul fatto che il socio adatto a dimostrare la sua superiorità dovesse essere una donna, anzi ne era certo. Il problema era semmai fare una scelta:
Scegliere la dea Atena, che rappresentava l’intelligenza, sarebbe stato un controsenso. Poi, vincere con lei sarebbe stato troppo facile e di sicuro gli altri glielo avrebbero fatto notare.
Restavano Afrodite, la sua amante di tante trombate, ed Era la moglie. Entrambe erano abbastanza stupide, questo lo sapeva, come sapeva che propendendo per una avrebbe voluto dire non “vederla” più (in ogni senso), e scegliere la moglie, avrebbe significato guerra in famiglia.
«Allora che hai deciso?» Gli mise fretta la Discordia.
Zeus era nella confusione più totale. Oltretutto, il dio degli dei, come tronfio si faceva chiamare, aveva un appuntamento galante con una ninfa ed era già in ritardo. Così decise di delegare il fido Hermes e di fare decidere a lui chi scegliere. Le tre donne si voltarono così di scatto verso il messaggero degli dei, che per trarsi d’impaccio propose di passare la patata bollente a Paride, un mortale.
Fu allora che Dio, approfittando dello spot pubblicitario che aveva interrotto la trasmissione del reality show, ricordò di avere, è proprio il caso di dirlo, conservato sotto sale Angiolino. Gli apparve davanti (che potenza il teletrasporto!!!), lì dove era stato immobile come una roccia per millenni e con un semplice schiocco delle dita lo riportò in vita.
«Awwwn!» Sbadigliò Angiolino, «credo di aver dormito una mezz’oretta.»
Senza spiegazioni, tanto non le avrebbe capite, Dio spedì il malcapitato ex sodomita, alle pendici del monte Ida, dove da tempo viveva Paride.
Su quel monte dove di solito il poverino, era abituato solo frequentare pecore, oggi invece era giorno di visite. C’erano tre donne dall’aria più incazzata che mai che lo esortavano a scegliere chi fosse la più stupida tra loro, e che senza dubbio avrebbero finito per vendicarsi su di lui, dopo la scelta. E più in là era comparso anche Angiolino.
«Scelgo lui!» Indicò Paride allungando la mano destra in direzione dell’ultimo arrivato. E tutto successe nel giro di un semplice secondo:
«No! La Discordia ha detto che deve essere una donna!» Urlarono le tre dee all’unisono, proprio mentre il povero Angiolino, che non aveva certo dimenticato, nonostante la lunga dormita, le abitudini della sua città dopo essere stato scelto, aveva sollevato la tunica e si era messo a novanta gradi, pronto ad essere inchiap… insomma, capitemi: pronto a ricevere l’abuso sessuale.
«Appunto! Una donna!» Disse sicuro di se Paride avvicinandosi a quell’offerta così palese. Certo, sicuramente sarebbe stato meglio poter avere un rapporto con una delle tre donne, che parevano disposte a tutto pur di non essere scelte, ma tutto sommato, dopo anni di… pecore, anche il culetto imberbe di Angiolino non faceva poi così schifo.
Il prode giocatore, fu investito dell’onore di poter giocare nientemeno al fianco di Zeus. E Dio già pregustava il momento in cui quel pallone gonfiato dell’Olimpo, giocando con quello che aveva già catalogato come uno dei più stupidi terrestri avrebbe perso partita e faccia.
Zeus però, non era certo uno sprovveduto. Prima della partita, volle parlare a quattrocchi con alcuni degli altri giocatori. Per primo decise di ricevere Efesto. Gli chiese senza mezzi termini di aiutarlo a vincere e di giocare male appositamente. Gli promise che in cambio avrebbe fatto qualsiasi cosa.
«Voglio Afrodite per moglie.»
Zeus inghiottì amaro, al pensiero che il suo fido fabbro, potesse diventare il marito della propria amante. Lei era bella come nessun’altra e lui, era brutto, piccolo e puzzava sempre di sudore e del fumo della fonderia. Però, alla fine acconsentì alle nozze. Tanto Afrodite, avrebbe continuato a farsela lo stesso di nascosto.
Poi fu la volta di Hermes, che mellifluo come sempre non esitò però a chiedere:
«Voglio scopare con Afrodite!»
«Arridaje!» si lasciò scappare il capo dell’Olimpo che comunque, assicurò che avrebbe fatto in modo che il suo desiderio si avverasse.
Con Poseidone invece, l’accordo fu più semplice. Gli bastò acconsentire alle sue nozze con Anfitrite per conquistarne la complicità. A nessun altro oltre al dio dei mari, sarebbe interessato, infatti, giacere con una sirena. Certo, non aveva avuto modo di comprare anche il fratello Ade, commentando: «quel tizzone d’inferno, non accetterebbe mai di fare un accordo con me!» ma poteva ritenersi più che soddisfatto. Poteva giocare delle partite truccate, con la bellezza di quattro soci.
Fu così che Angiolino, supportato dalla capacità organizzativa e non di Zeus, riuscì a mettere di seguito una decina di partite vinte. Ade, non si capacitava di come i suoi compagni di avventura riuscissero sempre in ogni mano ad inventare delle giocate così stupide da farlo perdere. Quando finalmente si convinse che non avrebbe avuto alcuna possibilità di vincere, perché tutti gli altri stavano giocando contro di lui, “il responsabile del settore trapassati” andò su tutte le furie minacciando di fare sfracelli e di rivolgersi alla lega, per chiedere l’apertura di un’indagine federale per le partite truccate. Il responso, fu come previsto sconsolante.
«Dopo attenta analisi, possiamo asserire con assoluta certezza che le seguenti partite: Bologna – Juventus finita 1 a 1, e Zeus/Angiolino contro tutti finita 135 a 0 sono da ritenersi assolutamente regolari. Pertanto confermiamo il risultato ottenuto sul campo.»
Ade, presente in aula alla lettura della sentenza, non riuscì a capacitarsi. Passi per le partite perse contro Zeus, ma quel Bologna - Juventus si vedeva lontano un miglio che era stato combinato.
In ogni caso, Angiolino divenne famoso su tutta la terra per essere riuscito a competere e a vincere insieme con il grande Zeus e per essere stato definito da lui stesso, un vero e proprio “Animale da due.”
Questo fatto, provocò una rabbiosa reazione di Dio che per rappresaglia decise di allagare tutta la terra, assecondando le richieste di tale Noè, che da secoli, pur vivendo nel deserto chiedeva nelle sue preghiere, di poter fare una crociera prima di morire. Così, dopo avere inviato al suo fedele ammiratore i biglietti per l’imbarco, di lui, della famiglia e di una coppia di ogni specie animale, Nostro Signore, più che mai convinto che una bella lavata, alla terra non avrebbe certo fatto male, decise di prendersi una breve vacanza.
E allora Noè, felice come una Pasqua, ci diede dentro di lena a costruirsi la barca che lo avrebbe portato a spasso per il mondo. Noè era ormai anziano e malaticcio, ma l’idea di poter finalmente vedere il mare, lo rinvigorì parecchio. Non risolse però il suo annoso problema: quello di mangiarsi la lettera “B.”
« ravi ragazzi! Avete proprio fatto un el lavoro. Eh, ora torniamo a casa, per oggi asta così.» Si trattava di un difettuccio da niente, dovuto si pensa al labbro superiore leggermente leporino, che ne storpiava la pronuncia. Nessuno se ne sarebbe accorto se al momento del varo, eseguito logicamente a secco:
«ellissima! Aiiamo fatto proprio un el lavoro. Questa è la più ella “arca” che io aiia mai visto.» Come si può intuire il lievissimo difetto di pronuncia dell’improvvisato armatore, definì anche il nome dell’imbarcazione che verrà ricordata così ai posteri.
Noè entusiasta come un ambino, (orsù, non esageriamo con le B) suddivise le cabine delle sua arca ed ordinò ai figli di cominciare a radunare le coppie di animali da portare a bordo per la continuazione della specie.
«Ho detto che i leoni devono andare nelle gaiie! Avete raccolto un el po’ di anane per le scimmie? E tu, che ci fai con quei due auuini?»
Oh, c’era già un casino infernale con tutti quegli animali che a coppie venivano imbarcati, tra spinte ruggiti e barriti, ci mancava solo un super eccitato capitano di vascello che impartiva ordini incomprensibili a rendere tutto, ancora più complicato.
A parte il fatto che per mantenere la specie animale, caricare su una sola barca due esemplari di ogni specie non doveva essere stato semplicissimo, come farci stare tutti su di una semplice barca? Come si poteva essere sicuri che sarebbe bastato raccogliere due esemplari, un maschio ed una femmina, a garantire la prosecuzione della specie? Mettiamo il caso che si fosse raccolto un leone omosessuale? I leoni si sarebbero estinti. Sorvoliamo, che è meglio. E sorvoliamo pure sulle maniere con cui gli animali erano stati stivati nella barca. Chi avrebbe voluto stare vicino alle tigri? Come spiegare ad elefanti ed ippopotami che non potevano viaggiare nella stessa classe a causa dell’eccessivo peso che avrebbe sbilanciato l’assetto di navigazione? Come fare coesistere i leoni abituati al caldo torrido della savana, con l’orso polare? Si tenga conto che, l’arca era stata costruita un po’… diciamo in economia e che la Daikin era ancora lontana dal produrre condizionatori d’aria. Ma soprattutto, dopo quaranta giorni e quaranta notti, chi avrebbe avuto la capacità di convincere il re della foresta che, non si poteva mangiare lo gnu, perché altrimenti ne avrebbe provocato l’estinzione?
Va bene, stiamo un po’ uscendo dal seminato. Noè imbarcò tutti ed ordinò di salpare l’ancora. Era impaziente di partire, ma di acqua neppure una goccia. Il deserto era sempre arido: più che mai arido.
Tra l’altro, anche le previsioni del tempo non promettevano nulla di buono. Giuliacci, in televisione con tutti suoi tic e le sue manie di giocherellare con la penna a sfera, assicurava secco ed afa per almeno altre dieci settimane. Infatti, non appena fu spento il televisore un fronte nuvoloso scuro come il piombo si affacciò minacciosamente da oriente. Fu allora che Angiolino si presentò al personale di bordo dell’arca:
«So che state raccogliendo tutti gli animali. Io sono "l’animale del due.» Esibì allo scopo la targhetta che Zeus nella sua magnanimità gli aveva donato prima di congedarlo dal monte Olimpo, su cui era scritto, in caratteri d’oro.
“io sono un animale da due.”
Facendo un rapido passo indietro, non possiamo fare a meno di notare come Zeus avesse dato una volta di più dimostrazione della sua generosità. Dopo la vittoria aveva acconsentito a fare accoppiare la dea Afrodite con Hermes, ripagando così l’aiuto che il fido compagno di avventure gli aveva profuso durante le partite. Impose però all’amico l’utilizzo di un preservativo, che si premurò di bucare in precedenza. Ne conseguì che dall’appassionato (per lui, lei era stata pagata per farlo) rapporto, fu concepito un figlio a cui Zeus volle fare un personalissimo regalino dotandolo di entrambi gli organi sessuali. Tale mostro prese il nome del padre unito con quello della malcapitata madre: ermafrodita.
Così, subito dopo il parto acconsentì alle nozze della povera miss Olimpo con Efesto. Anche in questa manovra, il furbo dio aveva avuto modo di guadagnarci: il marito avrebbe fatto in modo di tenere alla larga chiunque avrebbe voluto attentare alle grazie della moglie, meno che lui. Per il povero Efesto, Zeus era come un padre del quale si fidava ciecamente. Così, Il dio degli dei avrebbe potuto andare a trovare il figliolo ed appartarsi tranquillamente con la avvenente nuora. Al fido, Angiolino, invece diede il foglio di via, facendolo accompagnare ai cancelli dorati dell’Olimpo con la targhetta ricordo.
Noè, quando prese tra le mani la targhetta con la scritta, commentò:
«Questa cosa da sola non asta! Ci vuole passaporto, visto e soprattutto essere accompagnati da un esemplare femmina della tua stessa razza.»
«Io posso esseve la femmina o il maschio. Dipende da come tu mi vuoi.» Sorrise Angiolino, carezzando il rugoso nasone di Noè con la sciarpina di raso rosa che aveva rubato alla dea Atena.
«Forse non hai capito! Dovete essere in due in modo che possiate procreare e mantenere in vita la vostra razza. E poi, oltretutto non c’è più posto a ordo.»
Noè fece per chiudere il pesante portellone ed il povero Angiolino si mise a piangere tanto copiosamente che, prima dell’arrivo del temporale il livello dell’acqua cominciò a salire.
«Padre portiamolo con noi!» Disse allora Cam, uno dei figli del patriarca.
«Ammiro il tuo senso di umanità, ma credo che non sia davvero possiile.» Rispose commosso Noè.
«Io pensavo che potrebbe venirci utile. Potremmo sempre darlo da mangiare ai leoni.» Lo interruppe Cam facendo il gesto di gettare una cima al piagnucolante individuo che aveva dato il La, al diluvio universale.
«Ma, non c’è più posto sulla arca.» Commentò Noè, sollevato nel vedere il senso di grande umanità che aveva trasmesso ai figlioli.
«Beh, io un’idea ce l’avrei!» Intervenne Iafet, il più giovane dei fratelli.
Così, quando le acque cadute dal cielo si sommarono alle lacrime versate dal protagonista di questa vicenda, l’arca finalmente cominciò a galleggiare e salpò. La stazza dell’enorme barcone era stata resa un po’ più elegante dalla strana polena, legata a prua. Angiolino aveva finalmente finito di piangere ed aveva trovato la sua collocazione più adatta sull’arca, ottenendo anche l’incarico di avvistare la terra.
Per la seconda volta quindi, il mitologico Angiolino riuscì a sfuggire alla punizione divina, arrivando così sano e salvo fino ai giorni nostri.
sabato 6 marzo 2010
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